Si inasprisce sempre di più lo scontro tra Spagna e Catalogna per la convocazione del referendum “illegale” sull’indipendenza in programma per il primo ottobre. «Questo voto non si celebrerà in nessun caso, è un attacco alle istituzioni democratiche», spiega il premier spagnolo Mariano Rajoy, il quale chiede all’Avvocatura di Stato di presentare un immediato ricorso di incostituzionalità. Il “Parlament” regionale catalano, formato da una maggioranza assoluta di indipendentisti, ha chiesto alla plenaria dell’assemblea di Barcellona una modifica urgente dell’ordine del giorno affinché venga certificata subito la “legge di rottura”. Approvata ieri intorno alle 23, dopo un acceso dibattito, questa mozione concederebbe finalmente ufficialità all’eterna proposta di referendum degli indipendentisti.
Alla decisione del parlamento, esulta – invece – il presidente catalano Puigdemont, che vede profilarsi un’occasione di vittoria se si dovesse riuscire a mettere in piedi il dispositivo elettorale in 25 giorni. La Generalitat sta già facendo circolare dei formulari per candidarsi volontariamente all’organizzazione del referendum.
La legge approvata ieri con 72 voti favorevoli su 135, prevederebbe il voto tassativo entro il 1 ottobre. Ieri sera, mentre gli indipendentisti festeggiavano cantando l’inno regionale, gli unionisti hanno abbandonato il parlamento catalano lasciando bandiere spagnole sui loro posti. Questa risoluzione sfida l’articolo 2 della Costituzione Spagnola del ‘78, che fissa il principio di indissolubile unità della nazione.
Nel frattempo il governo centrale, seguendo il volere di Rajoy, ha inviato la Guardia Civil a Tarragona, dove si vociferava alcune tipografie stessero dando alle stampe le schede elettorali con il quesito “Vuole che Catalogna sia uno Stato indipendente, in forma di Repubblica?”. La stampa di Madrid ha gridato al colpo di stato già in mattinata. El Mundo ha denunciato “Sequestro della democrazia per rompere la Spagna”, “Colpo alla legalità” ha scritto il quotidiano economico Cinco Dias.
La “Catalexit” trasformerebbe una regione di 7,5 milioni di abitanti, poco più grande del Belgio, in una repubblica separata dal governo di Spagna. Se il “sì” dovesse vincere entrerebbe in vigore la “Legge di Transitorietà per la Fondazione della Repubblica”, che espellerà l’esercito spagnolo per lasciare il controllo delle frontiere con Francia e Spagna a una polizia regionale. Un desiderio forte di alcuni cittadini catalani dopo il recente attentato di Barcellona.
Per sei mesi, fino all’elezione di una Costituente e all’arrivo di una Costituzione, questa norma suprema prevarrà sulle leggi spagnole e renderà la Catalogna una repubblica di diritto democratica e sociale. Ai cittadini sarà permesso conservare la doppia cittadinanza e lo spagnolo resterà una delle lingue ufficiali. All’interno anche un’amnistia per tutti i condannati per reati politici, come l’ex presidente catalano Mas.