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HomeCronaca Caso Shalabayeva la procura di Perugia chiede il rinvio a giudizio

Shalabayeva, chiesto rinvio
a giudizio per Cortese
Improta e altre nove persone

Sequestro di persona e falso le accuse

ma tre diplomatici non sono processabili

di Nancy Calarco01 Marzo 2017
01 Marzo 2017

La procura di Perugia ha chiesto il rinvio a giudizio di sette poliziotti, un giudice di pace e tre diplomatici del Kazakistan, coinvolti nell’indagine sulla vicenda di Alma Shalabayeva e Alua, moglie e figlia del dissidente Mukhtar Ablyazov.
Le accuse sono sequestro di persona, abuso d’ufficio e falso in atto pubblico.

La vicenda di Alma Shalabayeva e la figlia ha inizio il 28 maggio 2013, nella villa in cui erano ospitate subendo un’irruzione da parte di una gruppo di 50 persone. Le forze dell’ordine stanno cercando il marito, il dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, ma ad Alma viene contestata l’accusa di possesso di un passaporto falso. Solo in seguito rivelatasi una squadra di agenti e funzionari in borghese della DIGOS e della squadra mobile della Polizia di Roma, allertati su una possibile presenza del marito di Alma in quel luogo.
Due giorni dopo, il 30 maggio 2013, la questura firma l’espulsione di Alma e della figlia di sei anni: la donna è accusata di essere entrata illegalmente in Italia. Il giorno seguente madre e figlia vengono imbarcate su un aereo diretto in Kazakistan.

A 24 ore dalla relazione sull’espulsione della Shalabayeva, il Consiglio italiano per i rifugiati invia una e-mail al ministro degli Esteri Emma Bonino. Il 5 luglio 2013 il quotidiano La Stampa svela la vicenda: scoppia il caso politico. Il dissidente Ablyazov si appella al premier Letta per fare luce sulla vicenda e appena una settimana dopo, il 12 luglio, Palazzo Chigi revoca l’espulsione di Alma e la figlia.

Il capo della polizia Giampaolo Pansa comunica che “in nessuna fase della vicenda i funzionari italiani hanno avuto notizia del fatto che Ablyazov fosse un dissidente politico fuggito dal Kazakistan, possibile oggetto di ritorsioni”.
Il 25 settembre 2013 arrivano le gravi accuse della figlia maggiore di Alma ad alcuni funzionari del Viminale, della questura di Roma e diplomatici kazaki di sequestro di persona e ricettazione. Finiscono nel registro degli indagati l’ambasciatore del Kazakistan in Italia, il consigliere per gli affari politici e l’addetto agli affari consolari. Si indaga inoltre sul presunto ruolo che l’Eni potrebbe aver avuto nella vicenda Shalabayeva a seguito delle dichiarazioni di un dirigente dell’azienda.

Oggi a rischiare il processo sono Renato Cortese, nuovo questore di Palermo, ex responsabile del Servizio centrale operativo e all’epoca dei fatti capo della Squadra mobile di Roma, e Maurizio Improta, ex capo dell’ufficio immigrazione e oggi questore di Rimini, cinque funzionari di polizia e il giudice di pace Stefania Lavore. Nel procedimento figurano anche tre esponenti della diplomazia kazaka, tra cui l’allora ambasciatore Andrian Yelemessov, che difficilmente però verranno processati potendosi avvalere dell’immunità diplomatica.

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