MILANO – Aveva abbandonato la figlia di un anno e mezzo in casa da sola per sei giorni, lasciandola morire di stenti. Ora la perizia psichiatrica ha fugato ogni dubbio: all’epoca dei fatti, nel luglio 2022, Alessia Pifferi era capace di intendere e di volere.
Stando al perito psichiatra Elvezio Pirfo, la donna di 38 anni, accusata di omicidio volontario aggravato e che rischia la condanna all’ergastolo, “al momento dei fatti ha tutelato i suoi desideri di donna rispetto ai doveri di accudimento materno”. Si escludono dunque “disturbi psichiatrici maggiori” e “gravi disturbi di personalità”. Conclusioni contrarie alle dichiarazioni della stessa Pifferi che nei colloqui svolti per spiegare il suo comportamento, si è descritta come “una persona instabile” e allo stesso tempo ha detto di sentirsi “una cattiva mamma”. “Il problema è che la mia mente si è spenta, si è proprio distaccata dal ruolo di mamma”, ha spiegato ancora.
La perizia, depositata il 26 febbraio e disposta a processo dalla Corte d’Assise, verrà discussa in aula il 4 marzo. Il testo ha però già sollevato dubbi circa l’operato delle due psicologhe del carcere di San Vittore che si sono occupate dalla donna. Lo studio già eseguito sulle capacità cognitive della Pifferi si è rivelato non essere “del tutto conforme ai protocolli di riferimento” e dunque “non può essere ritenuto attendibile”. Parere in linea con la decisione del pm Francesco De Tommasi di aprire un fascicolo di indagine per falso e favoreggiamento sulle psicologhe.