Sono due i mandati di arresto emessi dalla procura generale di Istanbul nei confronti di alti funzionari sauditi, vicini al principe Mohammed bin Salman, per l’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi.
Sotto accusa Saud al Qahtani, consigliere ed ex responsabile della comunicazione sui social network del principe saudita, e il generale Ahmed al Asiri, ex numero due dell’intelligence. Entrambi erano stati già rimossi da Riad dopo l’omicidio.
Secondo i magistrati di Istanbul, i due alti funzionari sauditi sarebbero “fortemente sospettati” di essere stati tra i “pianificatori dell’omicidio” del giornalista, avvenuto all’interno del consolato saudita, dove si era recato per chiedere la copia dei documenti del divorzio. Sarebbero quindi giunti da Riad poco prima dell’arrivo di Khashoggi al consolato.
I due si troverebbero al momento in Arabia Saudita, che ha già respinto le richieste turche di estradizione dei sospettati. Tra i due paesi non esiste un accordo in merito, ma secondo i media locali Ankara potrebbe chiedere all’Interpol di emettere un mandato di cattura internazionale.
L’Alto commissario Onu per i Diritti Umani, Michelle Bechelet, in una conferenza stampa a Ginevra, ha dichiarato che c’è bisogno di un’inchiesta internazionale per trovare i responsabili, in modo da evitare insabbiamenti sull’accaduto.
L’accusa, da parte della procura, ai due funzionari così vicini a bin Salman, rafforza l’ipotesi che l’erede al trono di Riad abbia giocato un ruolo decisivo nel terribile assassinio. Ieri alcuni senatori americani, dopo aver ascoltato la riunione della Cia sul caso, erano tornati ad accusare esplicitamente il principe saudita di essere coinvolto nell’omicidio del giornalista dissidente.
Gli investigatori sostengono, inoltre, che potrebbe aver fatto parte del gruppo degli assassini anche un anatomopatologo, grazie al quale avrebbero potuto fare a pezzi il corpo e scioglierlo nell’acido.