“Questo non è un processo all’Arma dei Carabinieri, ma è un processo contro cinque esponenti dell’Arma dei Carabinieri che violarono il giuramento di fedeltà alle leggi e alla Costituzione, tradendo innanzitutto l’Istituzione di cui facevano e fanno parte”. Così questa mattina, nell’aula bunker di Rebibbia, il pm Giovanni Musarò ha concluso la requisitoria al processo per la morte di Stefano Cucchi, il giovane geometra romano arrestato nell’ottobre del 2009 per droga e morto una settimana dopo nel reparto detenuti dell’ospedale “Pertini” di Roma.
Sotto accusa cinque carabinieri: in tre – Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro e Francesco Tedesco – sono accusati di omicidio preterintenzionale e di abuso d’autorità, mentre per gli altri due – Vincenzo Nicolardi e Roberto Mandolini – l’accusa è di calunnia (Mandolini anche di falso).
Il rappresentante dell’accusa ha precisato che “i depistaggi del 2009 hanno assunto grande rilevanza, perché hanno condizionato la ricostruzione dei fatti”. Musarò ha inoltre aggiunto che “la migliore riprova di tale assunto è rappresentata dal fatto che l’acquisizione di alcuni elementi decisivi è stata possibile grazie alla collaborazione offerta nel 2018 e nel 2019 proprio dall’Arma dei Carabinieri”.
Secondo il pm “per sgombrare il campo da strumentali insinuazioni, non si può sottacere l’importanza che ha assunto la costituzione di parte civile del Comando Generale dei Carabinieri nel cosiddetto processo dei depistaggi”. Inoltre ha aggiunto alcuni dettagli in merito a quanto accaduto nell’ottobre del 2009: “due persone l’hanno aggredito e colpito anche quando lui era già a terra, di notte. La tanta evocata magrezza diventa a carico anche sotto il profilo del dolo”.
La vicenda ha subito una scossa l’11 ottobre dell’anno scorso, quando in aula lo stesso Tedesco aveva testimoniato contro i colleghi Di Bernardo e D’Alessandro, accusandoli di aver colpito a pugni e schiaffi Stefano Cucchi. Da allora gli inquirenti hanno pian piano ricostruito il depistaggio fino ad arrivare agli altri accusati, Vincenzo Nicolardi e Roberto Mandolini.