“Assassini, assassini”, è stato l’urlo del pubblico che ieri ha riempito l’aula bunker di Rebibbia quandola Corteha annunciato l’assoluzione dei tre agenti della polizia penitenziaria di piazzale Clodio per insufficienza di prove ma da sempre ritenuti dai familiari responsabili della morte di Stefano Cucchi. Mentre cinque medici sono stati condannati per omicidio colposo: il primario Aldo Fierro a due anni, i medici Stefania Cordi, Flaminia Bruno, Luigi De Marchis e Silvia Di Carlo a un anno e 4 mesi. Rosita Caponetti a otto mesi per il reato di falso ideologico. I tre infermieri sono stati assolti con formula piena.
Caos in aula. Sono dovuti intervenire carabinieri e poliziotti per allontanare i presenti. Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, dopo la pronuncia della sentenza, è scoppiata in lacrime e ha abbracciato il suo legale, l’avvocato Fabio Anselmo. «Io non mi arrendo, è una giustizia ingiusta», ha detto la donna. In lacrime anche la mamma di Stefano, Rita Calore, e il papà Giovanni: «Oggi Stefano è morto per la seconda volta». Per i giudici della terza Corte d’Assise di Roma ad uccidere il geometra romano di 31 anni è stato un errore medico. Ma la causa della morte di Stefano per la sorella, Ilaria, è la mala giustizia.
Secondo i pubblici ministeri Vincenzo Barba e Francesca Loy, che avevano chiesto pene comprese tra i due anni e i sei anni e otto mesi di reclusione per gli imputati, Cucchi fu pestato dagli agenti e una volta ricoverato in ospedale fu lasciato morire di fame e sete, senza nessuna forma di assistenza da parte del personale sanitario. La difesa ha contestato che ci sia stato un pestaggio. La tesi dei periti nominati dal tribunale ha stabilito che Stefano Cucchi morì per “inanizione”, cioè per mancanza di cibo e di acqua. Per i pm, inoltre, “era lungi da essere un giovane sano e sportivo. Era un tossicodipendente con conseguenze sul suo stato fisico e sugli organi vitali che tutti possiamo immaginare. Soffriva di crisi epilettiche e sono stati documentati 17 accessi a pronto soccorso negli ultimi dieci anni”. Ma la famiglia ha sempre respinto queste considerazioni.
La battaglia legale continua. La morte del 31enne Cucchi è stata anche al centro di una commissione parlamentare di inchiesta, secondo cui il giovane sarebbe morto per disidratazione ma anche per responsabilità dei medici dell’ospedale dove era ricoverato, che non si sarebbero resi conto della gravità della sua situazione. La battaglia giudiziaria non è comunque finita. La famiglia Cucchi ha intenzione di andare avanti e ricorrere in appello per tentare di dimostrare che non sono stati i medici a far morire Stefano ma le botte ricevute dalle forze dell’ordine.
Alessandro Filippelli