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Caso Azzolini, la giunta del Senato dà via libera all’arresto. Lui si dimette

di Nino Fazio09 Luglio 2015
09 Luglio 2015

Caso Azzolini, la giunta del Senato dà via libera all’arresto. Lui si dimette

Antonio Azzolini può essere arrestato, sebbene il via libera definitivo arriverà dopo il voto di Palazzo Madama. La giunta per le Immunità del Senato, ieri sera, ha votato a maggioranza per l’arresto del senatore del Nuovo centrodestra, coinvolto nell’inchiesta della procura di Trani sul crac della Casa Divina Provvidenza di Bisceglie. Tredici i favorevoli – Pd, M5S e Lega – e sette i contrari – Fi più Buemi del gruppo Autonomie, Ferrara di Gal e – come prevedibile – Ncd. La decisione della giunta – già nell’aria, dopo il “si” espresso martedì sera dal presidente Dario Stefàno (Sel) – aveva convinto Azzolini a rassegnare le dimissioni dalla commissione Bilancio, dopo ben 14 anni di presidenza. «Ci sono momenti – ha sottolineato, in una lettera al presidente del Senato, Grasso – in cui un uomo delle istituzioni deve compiere scelte difficili ma anche necessarie».

Il reato contestato dalla procura di Trani è di associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta per oltre 500 milioni di euro. Azzolini, secondo l’accusa, ha «preso illecitamente il potere» della Congregazione Ancelle della Divina Provvidenza, abusando del ruolo istituzionale per far varare norme favorevoli all’ente ecclesiastico che controllava per interessi personali. La scalata alla casa di cura – con sedi a Bisceglie, Foggia e Potenza – realizzata grazie all’imposizione nel nuovo assetto societario di uomini fidati, risale al 2010 ed è – secondo l’accusa – la contropartita per i favori resi dal senatore negli anni precedenti. Trecento milioni di debiti accumulati negli anni dalla Congregazione nei confronti dell’erario, dell’Inps e dell’Inail, rateizzati per evitare la chiusura della Casa.

Il senatore pugliese aveva un controllo totale sull’ente: sistemava gli amici con assunzioni pilotate e dirottava i fondi su conti aperti presso lo Ior, la banca vaticana, con la complicità di alcuni funzionari e di due suore, adesso agli arresti. E inequivocabili erano i toni usati con le religiose: “Qui comando io, se non va bene vi p… in bocca”. Nel 2013, Azzolini non riesce a orientare la nomina del commissario straordinario, piegandosi al candidato del presidente della commissione Bilancio della Camera per il Pd, Francesco Boccia. Unico flop di un dominio incontrastato che ora potrebbe costargli caro.

 Nino Fazio

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