ROMA – “Il signor Osama Almasri Njeem è stato rilasciato senza preavviso o consultazione con la Corte”. I giudici del tribunale penale internazionale dell’Aja non nascondono la loro irritazione dopo la scarcerazione e il rimpatrio-lampo del comandante libico accusato di crimini contro l’umanità e chiedono spiegazioni al governo italiano. E al nostro esecutivo ricordano “il dovere di tutti gli Stati di cooperare pienamente con la Corte nelle sue indagini e nei suoi procedimenti penali”. Monta dunque il caso del torturatore di migranti arrestato a Torino dalla Digos, in esecuzione di un mandato emesso il 18 gennaio dalla stessa Corte penale internazionale (Cpi) e liberato 48 ore dopo dai giudici della Corte d’appello di Roma per un presunto errore procedurale. Il comandante era poi rientrato nella serata di martedì 21 a Tripoli, dove era stato accolto da una folla festante.
Arrestato in un hotel del capoluogo piemontese la mattina del 19 gennaio, ci si rende conto che via Arenula, che non ha ancora ricevuto l’ordine di cattura emesso dalla Cpi, non ha ancora parlato. È a quel punto che il procuratore generale di Roma, che ha ricevuto le carte da Torino, rilevando “l’irritualità” dell’arresto in assenza di una richiesta del ministero di Grazia e Giustizia, scrive a Nordio chiedendo se intende proporla. Ma il ministro non risponde. In assenza di una nota del ministero, il procuratore non può fare altro che chiedere di non convalidare l’arresto. E martedì la Corte d’Appello dispone la scarcerazione. Solo alle 16 il ministro farà sapere di stare valutando “un caso complesso”. Ma intanto il Viminale ha già deciso per l’espulsione.
Aldilà del cavillo burocratico, l’ipotesi che avanza e sulla quale incalzano le opposizioni è quella di una precisa scelta politica, concordata con Palazzo Chigi: la liberazione sarebbe avvenuta per evitare guai con un elemento cardine della cooperazione italo-libica nel contrasto all’immigrazione. Nonostante i crimini, le torture, i lager. Sulla vicenda è attesa per la settimana prossima l’interrogazione a risposta urgente in Senato del ministro dell’Interno Piantedosi, presentata ieri dai senatori Pd Sandra Zampa e Michele Fina.
Oggi in mattinata il ministro degli Esteri Antonio Tajani rispondendo a domande sul caso a margine di un convegno a Palazzo Madama, ha respinto le accuse ai magistrati dichiarando che “Esiste la procedura penale. Quando ci sono dei vizi poi gli atti diventano nuovi. Quindi se c’è stato un errore, quell’errore poi ha delle conseguenze”.