Il 2024 è stato l’anno più nero per i suicidi in carcere, soprattutto nelle strutture del Lazio. Il garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale della Regione Lazio, Stefano Anastasìa, illustra i numeri dell’emergenza.
Quanto è preoccupante il fenomeno dei suicidi in carcere?
“Come ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel discorso di fine anno, l’alto numero di suicidi in carcere è indice di condizioni inammissibili. Ogni caso è un caso a sé, dietro cui c’è una storia di solitudine e di disperazione. Ma la sproporzione tra i suicidi che avvengono in carcere e quelli che avvengono fuori – dieci, venti volte di meno, in rapporto alla popolazione – ci fa pensare che il carcere raccoglie persone disperate o le induce alla disperazione. Questo non è accettabile in un ordinamento costituzionale che vuole pene lontane dal trattamento disumano e che punta al reinserimento del detenuto”.
Quali sono le principali problematiche che affronta un detenuto in Italia?
“Tutti i problemi della vita quotidiana che un individuo può incontrare sono ingigantiti in carcere. Nella condizione di privazione della libertà diventa complicato ottenere una carta d’identità o recarsi a una visita specialistica fuori dal carcere. In Italia, la situazione è ancora più difficile a causa del sovraffollamento, che rende insufficienti spazi, personale e attività trattamentali per il reinserimento dei condannati. Secondo i dati del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (Dap), i detenuti presenti negli istituti penitenziari italiani alla fine dell’anno scorso erano 61.861, a fronte di 46.839 posti effettivamente disponibili”.
Qual è la situazione nella Regione Lazio?
“Peggiore rispetto al resto del Paese. Al 31 dicembre 2024, il tasso di affollamento in Italia è arrivato al 133%, mentre nel Lazio è al 146%. Per quanto riguarda i tassi di affollamento carcerario per singoli istituti, tre strutture del Lazio si collocano tra le prime venti in Italia: Regina Coeli con un tasso del 185,7%, Rieti con il 180,3%, e Civitavecchia con un tasso del 176,2%”.
Come si può oggi prevenire il fenomeno dei suicidi in carcere?
“Naturalmente la prevenzione assoluta non esiste, ma è possibile lavorare sull’individuazione dei segnali di disagio, oltre che migliorare il clima nelle carceri. La Regione Lazio ha da tempo sviluppato un piano per la salute mentale e tutti gli istituti hanno adottato piani locali di prevenzione del rischio suicidario, in ossequio all’accordo stipulato in Conferenza Stato-Regioni nel 2017. Recentemente, è stato istituito un tavolo interistituzionale per l’elaborazione di un Piano regionale per la prevenzione dei suicidi. Tra le azioni più innovative, già sperimentate in alcuni istituti, vi è la valorizzazione degli interventi dei cosiddetti Peer Supporter, detenuti appositamente formati per individuare segnali di autolesionismo o di intenti suicidi nei propri compagni.”