Sono potenzialmente 6.000 i detenuti che potrebbero lasciare il carcere e passare alla detenzione domiciliare per effetto del decreto Cura Italia. Lo ha detto ieri il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, nel question time alla Camera. “Allo stato attuale sono 15 i detenuti contagiati”, ha affermato il Guardasigilli in merito alla diffusione del Coronavirus nelle carceri.
Il decreto prevede i domiciliari per reati non gravi con residuo di pena di 18 mesi. “Dipenderà da diversi requisiti e variabili che dovranno essere accertati dalla magistratura. Fino ad ora a beneficiarne sono stati 50 detenuti. I braccialetti elettronici disponibili sono 2.600” ha precisato Bonafede.
Le critiche politiche al decreto e l’intervento dell’Onu
Per la Lega si tratta di un provvedimento “svuota carceri mascherato per spacciatori, rapinatori, ladri e truffatori”. Bonafede replica: “La Lega nel 2010 votò insieme al Pdl, senza emergenza sanitaria, una legge con la quale uscirono 9 mila detenuti”.
Dalla maggioranza, Italia Viva considera la risposta del ministro inadeguata e i renziani chiedono “un vero provvedimento che alleggerisca le carceri e la rimozione del capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria”.
Anche l’Organizzazione delle Nazioni Unite, tramite l’Alto commissario per i diritti umani, Michelle Bachelet, si è espressa sulla questione carceri invitando i governi a prendere misure urgenti per proteggere la salute e la sicurezza dei detenuti e ad agire per ridurre il numero di persone in detenzione per contenere la pandemia da Coronavirus.
La situazione nelle carceri e la disponibilità di mascherine
Bonafede ha parlato di un incremento dei colloqui telefonici (anche in video), della possibilità di ricevere vaglia postali online e di un aumento dei limiti di spesa per i carcerati.
Poi la questione mascherine. Il ministro ha detto che ne sono state consegnate quasi 200 mila in totale e che negli istituti penitenziari se ne producono circa 8 mila al giorno.
L’Organizzazione sindacale della Polizia penitenziaria, però, descrive una situazione particolarmente critica: “In alcune strutture vengono consegnate in numero talmente ridotto che il personale è costretto a riutilizzare le stesse per più giorni”.