File infinite, lunghe attese per essere visitati, nei corridoi barelle impilate come letti a castello. Tra posti introvabili e personale medico in fuga da stipendi da fame, il quadro della sanità laziale dopo due anni di presidenza Rocca resta drammatico.
Posti letto scarsi e medici in fuga, tutte le criticità del sistema sanitario
Le condizioni in cui versa Roma sono emergenziali. La carenza di personale influenza ogni giorno la qualità e la quantità dei servizi.
E a patire i disagi nei pronto soccorso non sono solo i pazienti in attesa di consulto. Anche tra i medici si combatte contro un sistema intasato e precario: “La mancanza di posti letto e di personale sono i problemi più grandi che riscontriamo qui a Tor Vergata”, racconta a Lumsanews il dottor Francesco Giovanardi, specialista in chirurgia generale e dirigente medico dell’Unità di chirurgia d’urgenza al Policlinico Tor Vergata di Roma. “Spesso mancano proprio i luoghi fisici in cui accogliere i pazienti. Ci ritroviamo con i famosi ‘letti a castello’ e con pazienti accolti in condizioni non idonee”.
Gli ospedali in mano a gettonisti e ultrasettantenni
L’assenza di personale alimenta il disagio. “Mancano sempre di più medici specialisti che partecipano a concorsi per la medicina e la chirurgia d’urgenza”, prosegue Giovanardi. Una questione spesso risolta con l’assunzione dei cosiddetti gettonisti, che lavorano a chiamata come liberi professionisti nelle strutture pubbliche, pagati a ore attraverso cooperative o società esterne. All’interno di queste realtà non è previsto un sistema di verifica delle competenze, a differenza dei concorsi con cui si diventa medici.
Le ore di lavoro sono un altro fattore che distingue i professionisti del pubblico dai gettonisti. Se i primi in base a una direttiva europea non possono svolgere più di 48 ore lavorative a settimana, i secondi sono liberi di moltiplicare i turni e guadagnare di più.
Un’indagine dei Nas del 2022 ha rivelato ad esempio che diversi medici accumulavano doppi turni per conto della loro cooperativa e ha registrato la presenza di dottori ultrasettantenni, impiegati oltre i limiti di età consentiti.
Dal blocco del turnover ai vincoli di bilancio: “Rischiamo il burnout”
Ma quali sono le cause del degrado del sistema sanitario? “Il problema è direttamente collegato agli effetti delle azioni imposte negli anni passati dai piani di rientro, un vero disastro per il sistema sanitario”, spiega Angelo Aliquò, direttore generale dell’Ospedale San Camillo Forlanini di Roma, che chiarisce: “Il blocco del turnover e i limiti imposti dai vincoli di bilancio hanno ridotto il numero di medici, infermieri e operatori sanitari disponibili. Questo porta a un sovraccarico di lavoro per il personale esistente, aumentando il rischio di burnout”.
Mancano punti di riferimento territoriali
La mancanza di risorse umane accompagna l’inefficienza della sanità territoriale, che comprende prestazioni come le diagnosi, la cura e la riabilitazione di primo livello.
Nel 2023, con la fine della pandemia da Covid-19, il governo ha deciso di stanziare 7 miliardi di euro del Pnrr per migliorare questi aspetti. Malgrado gli investimenti, le Case della salute e le associazioni tra medici di base faticano ancora a diventare effettivi punti di riferimento per i cittadini.
“Il medico di base”, osserva ancora il dirigente di Tor Vergata Giovanardi, “dovrebbe avere un ambulatorio dove poter impostare un iter diagnostico che sia alternativo rispetto a quello del pronto soccorso, così come le guardie mediche dovrebbero avere rafforzamenti in termini di disponibilità per accogliere chi ha patologie minori”. Dello stesso avviso Marco Elefanti, direttore generale del Policlinico Gemelli: “In assenza di presidi adeguati a livello di medicina di base e unità territoriali, l’utenza sceglie il pronto soccorso anche quando non ci sono emergenze”, spiega a Lumsanews.
Lo spettro dell’autonomia differenziata: “Effetti negativi anche al Centro”
Problemi destinati a crescere su scala nazionale. A preoccupare è una delle riforme bandiera del governo Meloni, storico obiettivo dei leghisti: l’autonomia differenziata. Secondo un’indagine condotta da Svimez, l’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, “il provvedimento rischia di ampliare le disuguaglianze nelle condizioni di accesso al diritto alla salute”. Luca Bianchi, direttore generale dell’associazione, spiega le conseguenze di questa legge, parzialmente incostituzionale secondo la Consulta: “C’è un problema di finanziamento del sistema, con disuguaglianze interne in termini di qualità dei servizi erogati. Questo si riflette soprattutto in un divario tra Nord e Sud. Ma non solo, perché anche le regioni del Centro hanno difficoltà nell’erogare i servizi”.
Così nasce il fenomeno della mobilità sanitaria: cittadini costretti a spostarsi in altre regioni per curarsi. “Questo comporta costi non solo per il cittadino che si deve spostare, ma crea uno squilibrio territoriale. Perché chiaramente la regione da cui si proviene deve indennizzare quella che accoglie”, prosegue Bianchi.
Un fenomeno molto diffuso nella Capitale, che accoglie pazienti da diverse regioni. Così anche Roma “subisce alcune difficoltà, soprattutto in termini di liste d’attesa, con dati molto preoccupanti”, conclude Bianchi.
A due anni dalla presidenza Rocca “un lavoro lento ma visibile”
Eppure il miglioramento della sanità regionale era stata una delle bandiere della campagna elettorale di Francesco Rocca, al vertice della Regione Lazio dal marzo del 2023. Sollecitato dal caos sperimentato dai pronto soccorsi nei primi giorni dell’anno, il presidente, l’11 gennaio, ha dichiarato: “Siamo consapevoli della situazione delicata e la stiamo monitorando con attenzione”. Ma il governatore resta ottimista: “Dal 2023 al 2024 i tempi medi di attesa sono migliorati del 50 per cento per le prestazioni con classe di priorità urgente e di circa il 26 per quelle programmate. Lo stesso sta avvenendo nei pronto soccorso. Un lavoro lento e graduale ma visibile”. In un’intervista per Il Corriere della Sera, Rocca ha precisato di voler “assumere entro la fine dell’anno 14mila operatori sanitari per abbattere il problema delle liste d’attesa troppo lunghe”. Senza dimenticare i posti letto: la rete ospedaliera 2024-2026 ne prevede 22.302 rispetto ai 22.133 della programmazione 2021-2023. Numeri per affrontare una sfida che si prospetta quanto mai difficile, viste le criticità croniche del sistema.