È paralisi elettorale in Montenegro. Smentendo tutti i pronostici della vigilia, che prevedevano una larga vittoria del capo di stato uscente Filip Vujanovic, le elezioni hanno avuto un esito contrastato, con entrambi i candidati – Vujanovic e il rappresentante dell’opposizione MiodragLekic – che rivendicano la vittoria.
Il paradosso è che, prima ancora delle accuse di brogli lanciate da entrambi, un risultato ufficiale ancora non esiste. Le urne, infatti, si sono chiuse alle 20 di ieri sera, ma la commissione elettorale finora non ha diffuso alcun dato. Nel vuoto informativo, sempre in serata, Vujanovic è uscito allo scoperto dichiarando la vittoria. Durissima la replica di Lekic, che poche ore dopo spiegava alle agenzie di stampa di essere vittima di “un furto elettorale”: “Chiedo a Vujanovic – ha continuato Lekic – di essere serio e responsabile, perché nel dichiarare vittoria ha compiuto un colpo di stato”.
Di certo, si conosce solo il risultato dell’affluenza alle urne, che si è attestato intorno al 64%(nelle precedenti presidenziali del 2008 aveva votato il 66,5%). Eppure Vujanovic ha detto di aver ottenuto, con lo spoglio completo delle schede, il 51,3% dei voti, rispetto al 48,7% dei consensi andato al suo sfidante.
Non è la prima volta che si verifica un’impasse elettorale nel paese. Tra dicembre 2002 e febbraio 2003, le elezioni presidenziali fallirono due volte a distanza di pochi mesi, soprattutto a causa dell’opposizione guidata dal Partito socialista montenegrino (Snp) di Predrag Bulatovic. Sconfitti pesantemente nelle elezioni legislative di ottobre prima, che avevano dato all’ex presidente Milo Djukanovic la maggioranza assoluta in parlamento, i socialisti poterono contare sull’arma dell’astensione. Ora come allora, il risultato elettorale dipinge un Montenegro politicamente diviso a metà. Eppure quest’ultima tornata elettorale è particolarmente importante per un paese in profonda crisi economica e fatto oggetto dei ripetuti inviti della Commissione europea a intensificare la lotta a corruzione e criminalità organizzata.
Il Montenegro ha avviato il negoziato di adesione alla Ue lo scorso giugno e tra le richieste più pressanti di Bruxelles alla dirigenza di Podgorica vi è proprio quella di contrastare il crimine organizzato e la corruzione, fenomeni ormai endemici nel piccolo Paese ex jugoslavo. E non è un caso che il presidente uscente, 58 anni, candidato del Partito democratico dei socialisti (Dps) guidato dal premier e uomo forte Milo Djukanovic, abbia sottolineato l’intenzione di utilizzare il nuovo mandaton proprio per migliorare la situazione economica, e proseguire sulla strada dell’integrazione europea. Lekic invece, 66 anni, vanta una carriera da diplomatico di rango, ex ministro degli esteri montenegrino che in passato è stato anche ambasciatore jugoslavo in Italia. Intanto nel silenzio dell’Ue, il paese ripiomba nell’impasse politica, anche perché sia Vujanovic che Lekic erano gli unici candidati in lizza. Impossibile quindi l’ipotesi di un ballottaggio.