ROMA – Tavolini, sedie, tendoni e strutture affollano il suolo pubblico della Capitale, un’occupazione che piace ai turisti e che crea non poco disagio agli abitanti del centro. Sono i dehors, i coperti disposti dai ristoratori romani, che spinti dagli spazi solitamente angusti e raccolti dei loro locali, attirano chi passeggia per le vie a fermarsi e consumare un caffè, un drink o un piatto di carbonara. Ormai sono pochissime le strade centrali della città eterna che non ospitano anche solo un paio di tavolini e ancora meno le persone che possono dire di non esserci inciampati sopra almeno una volta, dato l’enorme numero di visite registrate a Roma solo nella prima metà del 2023, largamente superiore alla cifra prevista di 13 milioni.
I numeri e le cause del fenomeno
Un mercato fruttuoso e apparentemente inesauribile è il fattore scatenante di una vera e propria corsa all’autorizzazione. Solo nel centro della Capitale, sotto la giurisdizione del Municipio I, sono state oltre 3200 le richieste di occupazione di suolo pubblico (Osp) registrate dal 2022, cifra che rasenta la metà del totale delle richieste inoltrate in tutta Roma. A favorire il fenomeno, l’allentamento dei requisiti necessari a disporre dei dehors risalente al periodo pandemico, imposto dal distanziamento sociale. La misura, in seguito, è stata prorogata per 4 volte: l’ultima lo scorso febbraio con il decreto Milleproroghe, con scadenza fissata al 31 dicembre corrente.
Il piano di regolamentazione dehors nel cantiere del Comune di Roma
Mentre la scadenza si avvicina, il Comune ha in cantiere un piano di regolamentazione disegnato dagli amministratori insieme alle associazioni dei consumatori e dei residenti. Jacopo Scatà, assessore al Commercio del Municipio I, conferma che “Le parti in causa sono state convocate, per prospettarci le linee guida dietro la scrittura di questo nuovo regolamento”. Eppure il piano non sembra ancora pronto a uscire dall’officina Capitolina. Intanto i ristoratori cercano di guadagnare il più possibile con le regole ancora in vigore.
L’opinione dei ristoratori del centro storico
“È assolutamente vero che i dehors avvantaggiano gli esercenti”, afferma a LumsaNews un ristoratore, proprietario di un ristorante vicinissimo alla Fontana di Trevi, “è un valore aggiunto per il locale. Molta gente, specialmente i turisti, d’estate amano stare fuori a fumare una sigaretta.” E alcuni ristoratori, disponendo dell’ampia discrezionalità permessa dalla misura anti-Covid, aggiungono un coperto o un paio di sedie in più rispetto a quanto possibile, provocando però diversi sequestri. Il ristoratore sembra capire anche i furbetti del “tavolino selvaggio”, ammettendo però di non averci mai provato: “D’altronde noi paghiamo per il suolo pubblico, che specialmente al centro non è poco”, dice.
Gli abitanti del centro di Roma contro il “dehors selvaggio”
Ma non sono pochi neanche i disagi provocati dai dehors, lamentano i cittadini rappresentati dall’Aacs, l’Associazione Abitanti Centro Storico di Roma. “I disagi sono prima di tutto i rumori notturni, – dichiara Viviana Piccirilli di Capua, presidente dell’Associazione – poi quelli che riguardano la mobilità: è chiaro che le piccole strade hanno una percorribilità ridotta, sia per quanto riguarda il traffico che per le persone. Ci sono tanti, tantissimi tavolini che sono stati posti sopra i percorsi pedonali, che in qualche modo non sono più utilizzabili dal residente, soprattutto del residente fragile. Penso alle madri con le carrozzine, ai disabili, agli anziani con problemi di deambulazione”. Piccirilli di Capua solleva inoltre la questione sicurezza dettata dalla cosiddetta malamovida: “È chiaro che quando ci sta un punto di aggregazione, vedi Trastevere, vedi Campo dei Fiori, il caos si crea”, dice. Rimane da attendere la pubblicazione del piano in Campidoglio, per cui la presidente si dice, comunque, “fiduciosa”.