HomeEsteri Cancellata la cerimonia per la produzione del primo F-35 italiano “Dietro a questi investimenti si celano tagli drastici”

Cancellata la cerimonia per la produzione del primo F-35 italiano “Dietro a questi investimenti si celano tagli drastici”

di marco.potenziani12 Luglio 2013
12 Luglio 2013

La Lockheed Martin e i vertici militari italiani hanno cancellato questa settimana una cerimonia per l’apertura dell’impianto di assemblaggio dei caccia F35 a Cameri (Novara), dopo l’aspro dibattito parlamentare sull’acquisto dei nuovi caccia. Il portavoce della Lockheed, Joe LaMarca, ha detto che la cerimonia è stata cancellata su richiesta del ministero della Difesa italiano, ma la fabbrica in questione inizierà a produrre il primo esemplare a partire dal 18 luglio. 
Il consorzio Joint Strike Fighters. La Lockheed e i suoi fornitori stanno costruendo tre modelli del nuovo jet per le forze armate Usa e otto partner internazionali: Gran Bretagna, Canada, Australia, Italia, Turchia, Danimarca, Norvegia e Olanda. Il programma oltre agli alti costi di produzine, ha dovuto registrare un ulteriore incremento di spesa a causa del ritiro dal consorzio di alcuni Paesi che avevano inizialmente aderito. L’Italia partecipa al progetto del nuovo caccia di produzione internazionale negli anni 1996-98 e prevede che Finmeccanica fornisca componenti hi-tech dell’F-35 realizzati negli stabilimenti Alenia Aermacchi di Foggia e Nola, oltre che presso il nuovo stabilimento di Cameri, dove saranno assemblati i caccia venduti dagli Stati Uniti in Europa e in alcuni Paesi dell’Asia. L’accordo con la Lockheed comprende anche contratti di manutenzione.
Il ridimensionamento delle Forze Armate. La sfortunata congiuntura economica attuale rende impopolare un programma il cui unico intento è quello di una drastica riduzione del parco mezzi  terrestre, aereo e navale. L’ordine iniziale di 131 velivoli F35 è sceso a 90, e saranno chiamati a  sostituire ben 256 aerei di tre specie diverse (F-16, Tornado e AMX). Ciò implica che per la sola Aeronautica più di 160 apparecchi verranno ritirati dal servizio e mai più rimpiazzati, con notevole riduzione dei ranghi di piloti, meccanici e specialisti e la conseguente chiusura di aeroporti, inevitabile dopo la scomparsa di interi reparti. Nell’ordine una quota di F35 a decollo verticale, in grado cioè di decollare da fermi semplicemente “lievitando” anche da piattaforme di ridottissime dimensioni, sono in quota all’Aviazione Navale che ne ha bisogno per rendere operativa la seconda portaerei italiana, Cavour, entrata in servizio nel 2008 e mai pienamente operativa con propri velivoli ma solo con quelli “in prestito” dall’altra unità portaerei, la più piccola Garibaldi, progettata nel 1983 e di ormai prossima radiazione.
Anche la Marina infatti naviga in acque agitate; il naviglio italiano ha un’età media di 25 anni, ben più alta delle flotte dei principali partner europei. Il programma FREMM (Fregate europee multi-missione) prevede l’entrata in linea di dieci unità navali di progettazione italo-francese (di cui finora solo una realmente operativa per l’Italia) che ne andranno a sostituire 16 unità, alcune delle quali “prepensionate” non per limiti di età ma per insufficienza di fondi.
La soluzione sta alla politica. Il generale Domenico Esposito, capo della Direzione Armamenti Aeronautici, ha dichiarato in un’intervista che i costi del programma F35 sono elevati ma la partnership nel Jsf rappresenta al momento l’unica iniziativa concreta tesa a garantire un futuro all’Aeronautica. L’abbandono del programma a questo punto del suo sviluppo, oltre all’ingente danno economico consistente nella perdita della quota fino ad ora investita, causerebbe anche un danno di immagine all’affidabilità del paese e del sistema industriale. Se si abbandonasse il Jsf bisognerebbe poi ripartire da zero con un nuovo programma per l’individuazione di un ulteriore velivolo. L’utilizzo di un unico vettore per le forze strategiche sia della Marina che dell’Aeronautica, consente poi di sfoltire la catena logistica con evidenti facilitazioni gestionali. La scelta finale, spetta alla politica.

Marco Potenziani

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