Il presidente del Nicaragua Daniel Ortega e l’imprenditore Wang Jing hanno svelato il percorso del Canale del Nicaragua, una via d’acqua da 278 km che collegherà l’oceano Atlantico a quello Pacifico. L’opera, la più grande mai costruita dall’uomo, avrà un costo di circa 40 miliardi di dollari e verrà finanziata dall’Hknd, società cinese a capitale privato di cui Wang è proprietario. Se il Canale del Nicaragua verrà completato, secondo i piani entro il 2019, il consorzio cinese ne otterrà i diritti di sfruttamento per 50 anni (rinnovabili). Il Canale del Nicaragua, in virtù di una larghezza e di una profondità quasi doppie rispetto a quello di Panama, consentirà inoltre il transito di navi di grande stazza, come le nuove petroliere classe “Carabobo” da 320000 tonnellate, che allo stato attuale sono costrette a circumnavigare l’America Latina. Sul piano geopolitico c’è attesa per capire quale sarà la reazione degli Stati Uniti che, per usare le parole di Kissinger, hanno sempre considerato il Sud America come “il cortile di casa. Secondo molti analisti ci sarebbe infatti il governo della Repubblica Popolare dietro i finanziamenti promessi al Nicaragua, e non è esclusa neanche l’ombra dell’orso russo sull’operazione: il ministro degli esteri Sergei Lavrov ha appena concluso una visita lampo in America Latina, durante la quale ha incontrato il presidente Ortega. Lo scopo dichiarato è stato quello di rilanciare le relazioni bilaterali tra i due paesi e offrire la propria disponibilità come partner per il progetto faraonico. Vale la pena ricordare che, appena un secolo fa, fu appunto la costruzione di un canale in Nicaragua ventilata dal governo locale ad indurre gli States ad occupare il paese. Sul fronte interno intanto non mancano le critiche al progetto da parte dei partiti all’opposizione, che non si lasciano conquistare dalla promessa cinese di circa 250mila nuovi posti di lavoro connessi all’apertura del maxicantiere. Per molti si sta svendendo il paese e mettendo a rischio gli equilibri ecologici della zona, come si legge in un documento presentato lo scorso giugno da alcuni partiti ed organizzazioni nazionali: «Stiamo dando in dono le due più importanti risorse strategiche del paese: la nostra posizione geografica, come un istmo situato tra due oceani, e l’acqua potabile del nostro lago e dei fiumi. Questa è un’enclave all’interno del nostro territorio nazionale, dove le autorità nicaraguensi future non avranno più alcun potere o giurisdizione». Lo stretto, se verrà aperto, connetterà infatti il più grande bacino di acqua dolce del paese, il Lago del Nicaragua, all’Oceano.
Raffaele Sardella