Roberto Giachetti alla Camera e Giorgio Napolitano al Senato, in veste di parlamentare più anziano, hanno inaugurato la nuova legislatura.
In mancanza di un accordo politico chiaro tra i partiti si va affermando tra i parlamentari un criterio che rispetti nella sostanza le indicazioni delle urne. La volontà politica appare quella di affidare la presidenza di Montecitorio a M5s e quella di Palazzo Madama al centrodestra, anche se non è certo a quale dei due principali componenti dell’alleanza, Lega o Forza Italia spetterà lo scranno più alto. La volontà politica deve però fare i conti con la realtà dei regolamenti e delle maggioranze.
Al Senato i seggi occupati oggi saranno 321 compresi gli scranni dei Senatori a Vita. il Regolamento di Palazzo Madama prevede che per eleggere da soli il presidente serva la maggioranza assoluta, ovvero 161 voti. Qui, la colazione di centro destra ha la possibilità di eleggere il forzista Paolo Romani presidente, avendo ottenuto 138 seggi e rimanendo molto improbabile un accordo M5s/Pd.
Nel caso non si arrivasse alla maggioranza al primo o al secondo tentativo, il regolamento di Palazzo Madama prevede l’abbassamento del quorum alla maggioranza assoluta dei votanti, un concetto diverso dalla maggioranza assoluta dei seggi esistenti. Questo significa che anche soltanto uscire dall’Aula al momento del voto facendo abbassare il quorum rappresenterebbe una mossa politica dei partiti. Se Romani non venisse eletto oggi, dunque, la votazione verrebbe rimandata a domani rendendo necessaria una notte di frenetiche trattative per trovare un accordo politico.
A Montecitorio la situazione cambia. Qui i grillini sono la prima forza, ma non hanno i numeri per eleggere da soli il presidente: i pentastellati, infatti, hanno conquistato 222 scranni su 630. Il quorum per la prima elezioni è di 2/3 dei seggi, comprese le schede bianche. Servono, quindi, 420 voti per eleggere il presidente. Nel caso si arrivasse alla seconda o alla terza votazione, il quorum scenderebbe ai 2/3 dei partecipanti alla votazione. Questa sottile differenza consente ai partiti un certo margine di trattative. L’unica certezza è che né Roberto Fico dei 5stelle, né Giancarlo Giorgetti della Lega, hanno i numeri per essere eletti da un solo partito e che occorrerà una mediazione.