Addio Mediterraneo, dal 2020 la coltivazione di olio e vino si estenderà gradualmente verso latitudini maggiori; spiega Marco Bindi al Forum internazionale dell’informazione per la salvaguardia della natura. Colpa dei cambiamenti climatici ed in particolare dell’incremento delle temperature e della riduzioni delle piogge. E’ quanto emerge da alcuni studi condotti dal gruppo di ricerca dello stesso Marco Bindi, membro del Dipartimento di Scienze delle produzioni agroalimentari e dell’Ambiente dell’Università di Firenze, in collaborazione con Marco Moriondo dell’Istituto di Biometeorologia del Consiglio Nazionale delle Ricerche, e pubblicati di recente su due importanti riviste scientifiche del settore: Climatic Change e Global Ecology.
La ricerca si è avvalsa dell’uso di modellistica climatologica e colturale per delineare le possibili variazioni di superfici coltivabili per entrambe le specie. Per il futuro si stimano un clima più secco e più caldo di quello attuale con un notevole impatto nel settore agricolo relativamente alla parte meridionale del bacino Mediterraneo.
Secondo la ricerca sulla coltivazione di ulivi i cambiamenti sarebbero senza precedenti. In particolare in Nord Africa, Medio Oriente e Spagna le attuali superfici destinate a questa specie risulterebbero per la prima volta inadatte proprio per il deficit idrico e le temperature più elevate. Allo stesso tempo si verrebbero a creare delle condizioni ottimali nelle zone settentrionali del Portogallo e della Spagna e nelle regioni atlantiche della Francia. Le nuove superfici, però, sarebbero di gran lunga meno estese rispetto a quelle oggi coltivabili.
La diminuzione di piogge e l’innalzamento delle temperature avrebbero un forte impatto anche sulla viticoltura. Le conseguenze toccherebbero molto da vicino le nostre produzioni con scenari difficilmente immaginabili. La coltivazione della vite nel Chianti, per esempio, potrebbe progressivamente trovare l’optimum climatico verso quote sempre piu’ alte (dai 200 metri attuali ad intorno i 450 metri entro poche decadi). E ancora, secondo le previsioni nel medio-lungo periodo (2050-2080), si potrebbe arrivare ad avere forti riduzioni. Un quadro ancora più critico si andrebbe a delineare nel sud della Francia (Provenza e nella zona del Languedoc) dove il surriscaldamento complessivo potrebbe portare alla scomparsa di alcune varietà viticole. Sempre in Francia, così come in Spagna nel 2050 le coltivazioni di viti seguirebbero quelle degli ulivi sul versante atlantico. Queste novità potrebbero essere positive per un paese come la Germania dove si assisterebbe a un’espansione della viticoltura lungo la parte nord orientale con il raggiungimento delle frange più settentrionali.
“La comprensione degli effetti che i cambiamenti climatici potranno avere sulla viticoltura e olivicoltura – spiega Marco Bindi – è alquanto complessa e, pur senza allarmismi, richiede ulteriori studi e approfondimenti. E’necessaria poi un’attenta valutazione perché continui a esserci un equilibrio stabile tra il clima e le aree che sono storicamente caratterizzate da queste colture – conclude Bindi – per questo l’esperienza secolare che si lega a questo settore dell’agricoltura necessita di essere arricchita da nuove conoscenze ”.
Stefania Fava