“Gli ultras fascisti non nascono oggi. È un fenomeno che comincia trent’anni fa, ora è solo sdoganato e legittimato dalla politica. Alle curve permettono tutto, per un pugno di voti”. Paolo Berizzi, giornalista di Repubblica, conosce molto bene il mondo della destra estrema, del rapporto che ha con il tifo, con il malaffare e la politica. E lo ha raccontato in un libro dal titolo inequivocabile: Nazitalia. Per questo è costretto a vivere sotto scorta, unico caso in Italia di cronista sotto protezione per le minacce dei neofascisti.
Come si spiega questo fenomeno di fascistizzazione delle curve?
Le curve hanno cominciato a diventare dei serbatoi per tutti i movimenti neofascisti, che hanno trovato lì dei luoghi in cui fare proselitismo e trovare militanti tra i più giovani. E sono diventate così un vaso comunicante per i loro partiti. Poi sono anche un palcoscenico per i loro messaggi. Mi vengono in mente gli striscioni per Priebke, la tigre di Arkan, Mussolini, i manichini neri impiccati, le figurine di Anna Frank…
Perché gli è permesso veicolare indisturbatamente messaggi di odio e violenza?
Perché le curve sono lo specchio della società, in questo periodo di sovranismi e populismi neri, di ritorno in auge di formazioni neofasciste. Non è da oggi che la politica flirta con i camerati, ma va avanti da quindici anni. E ora che sono ancora più forti lo sdoganamento e la legittimazione di questa destra estrema, gli ultras si sentono in diritto di non avere freni. E la stagione Salvini ha facilitato questo processo.
Il segretario della Lega ha più volte detto che gli ultras sono “la parte più sana e pura del calcio”.
Non a caso. E ogni volta che ci sono episodi di razzismo, come i “buu” ai calciatori, o azioni violente dei neofascisti, lui ha sempre minimizzato.
Tolti gli ammiccamenti a questo mondo dell’ex ministro, cosa ha fatto la politica in questi anni?
Davvero nulla. Hanno lasciato le curve in mano alle cosche del tifo. Perché quando il tifoso è diventato un mestiere, sono stati formati i “direttivi”. Che sono delle vere e proprie “cupole”: rivendono i biglietti che prendono dalla società, gestiscono i parcheggi fuori dallo stadio, il merchandising, lo spaccio in curva, le trasferte. In tutto questo, la politica si intreccia con il malaffare. La curva della Lazio e della Juventus sono gli esempi più lampanti, ma anche quella della Roma e delle milanesi. Lì c’è proprio l’unione tra neofascisti, criminalità organizzata e politica. Che in molti casi strizza l’occhio a queste realtà: perché le curve votano. E sono migliaia di voti.
Non fa niente la politica, ma nemmeno le società.
Perché sono sotto scacco, vengono ricattate. Salvo pochissime eccezioni: la Juventus ha deciso ora di denunciare, ma prima è sempre dovuta scendere a patti con gli ultras. E lì parliamo di ‘ndrangheta, non di bulli di quartiere. Ma è così un po’ ovunque: le curve, quelle nere soprattutto, usano tutti i metodi tipici della mafia.