“Se deve ripartire il paese, lo faccia anche il calcio, ma i protocolli contro il coronavirus non sono adatti per tutti. Alcuni medici sono stati esonerati perché non erano d’accordo”. Il professor Enrico Castellacci, storico medico della Nazionale di calcio italiana, nonché presidente di Lamica (associazione dei medici del calcio), intervistato da LumsaNews, invita le Leghe, il comitato tecnico-scientifico e il Governo a una ripartenza dei campionati seria e uniforme.
Si parla di una ripartenza della Serie A o il 13 o il 20 giugno. Secondo lei è arrivato davvero il momento?
“A questo punto, deve ripartire in sicurezza, anche se il rischio zero non esiste. Io mi auguro che si possa davvero riprendere, ma soprattutto che i campionati possano concludersi regolarmente, perché il problema è quello”.
Cosa ne pensa dei nuovi protocolli per allenamenti e partite?
“I protocolli oramai li hanno fatti, anche se in ritardo. Sono molto rigidi e non so se possano essere applicati da tutte e tre le leghe (A, B e Lega Pro). Per la A credo si possa ripartire, data la potenzialità economica del club, l’organizzazione, la logistica e gli staff medici nutriti che hanno le squadre. Qualche preoccupazione ce l’ho invece sia per la Serie B che per la Lega Pro, in cui difficilmente i protocolli potranno essere applicati”.
Per la Lega Pro il problema sono la mancanza di sponsor, pubblico e soldi per fare spesso i tamponi a tutti?
“Sì, ma non solo quello. Non hanno le strutture in caso di ritiro obbligatorio. Qualora ci fosse un caso accertato di Covid-19, l’atleta andrebbe in quarantena e gli altri in ritiro fiduciario, continuando ad allenarsi, ma blindati. Non esistono in C, se non in pochissime squadre, strutture che possano affrontare il tutto. La Serie B ha difficoltà simili. I protocolli hanno valenza se tutti li possono applicare. Sicuramente vedremo partire la A, con più difficoltà la B, ma ho grosse remore sulla C”.
Quindi chiedete protocolli differenziati?
“Non chiediamo protocolli più leggeri a seconda della Lega, perché è un documento medico e il rischio è il contagio, uguale per tutti. Deve essere unico, ma applicabile, altrimenti si arriva a sospendere dei campionati. Anche il presidente della C ne aveva chiesto la sospensione e la stragrande maggioranza dei medici della Lega Pro, circa 55-56, hanno protestato, firmando un documento in cui hanno detto di non poter sottostare a questi protocolli. Lo stesso hanno fatto molti di Serie B ed esistono minacce di dimissioni. Due medici sono stati addirittura esonerati da una società perché non erano d’accordo con i protocolli. Si stanno creando problematiche sgradevoli. Il calcio è un diritto di tutti, tuteliamo coloro che ci lavorano e in particolare i medici, che hanno le responsabilità maggiori”.
Come diceva anche lei, il rischio non sarà mai zero. In campo i contatti ci sono e ci saranno sempre, gIusto?
“Ci si augura che si arrivi alle partite con giocatori “immuni” dal virus, anche se è chiaro che appena ci saranno trasferte e movimenti, chiaramente i problemi potranno aumentare. Poi mi viene da sorridere: si vuole evitare che si diano il cinque o si invita ad esultare toccandosi soltanto con il gomito, ma alla fine i contatti ci sono sempre e saranno comunque ravvicinati. I paradossi e le esagerazioni non hanno ragion d’essere. Sappiamo che ci sono dei rischi, valutiamoli, riduciamoli e poi corriamoli, stando il più attenti possibile”.
Si parla di tre orari per giocare: 16.30, 18.45 e 21. Ma se davvero si deve arrivare fino ad agosto il primo orario non è proibitivo, considerato il caldo?
“Non c’è dubbio che il caldo sarà elevato, si sopporta male e aumenterà la stanchezza. Come quando si fa un mondiale o un europeo si giocherà a temperature più alte, ma io penso che le problematiche d’orario saranno superate, anche se il disturbo che creano è evidente. Anche l’umidità porta fastidi e può incrementare le problematiche muscolari”.
Più caldo, più fatica, più rischi legati al virus?
“C’è più rischio se uno è malato. Se si è asintomatici o si ha dentro il virus, ma non lo si sa, facendo attività sportiva si aggrava la situazione. Se il giocatore è sano no. Per questo bisogna controllare il più possibile”.