Un inizio di stagione caratterizzato da tante lesioni ai crociati. Piero Volpi è un medico sportivo, responsabile dell’area medica dell’Inter tra il 1995 e il 2000 e poi nel 2014/2015. Oggi è consulente sanitario per l’Assocalciatori. Ai microfoni di Lumsanews, cerca di mettere ordine sulle cause di tali infortuni e su come viene ricostruito il legamento rotto.
Nove giornate e già cinque crociati saltati. Sono aumentati gli infortuni di questo tipo?
«Bisognerebbe avere una banca dati. In modo empirico, ritengo che siamo sui soliti trend, anche se da anni c’è stato un aumento dell’incidenza di traumi muscolari e articolari. In campo ortopedico il crociato è il sesto o settimo intervento chirurgico più diffuso».
Quindi un aumento c’è stato.
«Rispetto a tanti anni fa, sì. Il calcio professionistico di oggi risente delle troppe partite e dell’intensità degli allenamenti. È un calcio più veloce e fisico».
Come si opera un crociato?
«Esistono tre diversi tipi di ricostruzione: l’autologa, in cui viene prelevato un tendine dallo stesso paziente e inserito al posto del legamento, l’allograft, che prevede un donatore esterno (spesso un cadavere), o l’artificiale, che consiste in un legamento ricostruito con materiale sintetico. In tutto il mondo, il 95% degli interventi su un ginocchio alla prima lesione viene svolto con l’autologo. All’interno di questa metodica, si possono scegliere diversi tipi di tendine: il rotuleo, il gracile e il semitendinoso insieme, o il quadricipitale, poco usato».
Quali sono i pro e i contro di ciascuna tecnica?
«Il rotuleo comporta complicanze in termini di dolore o di tendinite; l’uso del semitendinoso e del gracile comporta la perdita di due flessori importanti nella pratica sportiva. Qualcosa si perde sempre. Ogni chirurgo poi ha le sue convinzioni: io scelgo il rotuleo quando devo operare un professionista, perché dà maggiori garanzie. Uso invece i semitendini per le donne o per chi pratica sport basati sul salto, come il basket o la pallavolo».
Può capitare che la pressione della società o del calciatore porti a riabilitazioni troppo veloci?
«È chiaro che oggi le società e gli staff chiedono recuperi accelerati. Ma sono persone competenti che, tranne in casi eccezionali, non creano situazioni di esasperazione. Anche tra i calciatori c’è chi ha un po’ più di pazienza e chi vuole recuperare prima».
Un buon recupero è importante anche per il post carriera. Batistuta, dopo aver smesso di giocare, ha dichiarato di avere avuto difficoltà anche a camminare.
«La carriera di un calciatore professionista è logorante. Sarebbe meglio giocare qualche partita in meno, ma poi arrivati al giorno della gara il calciatore vuole giocare, l’allenatore vuole schierarlo e la società vuole vincere».
Baggio nel 2002 recuperò da una lesione al crociato in soli 81 giorni per essere arruolabile per il Mondiale.
«Il suo fu un caso eccezionale, che non deve essere preso in considerazione parlando della normalità. In tutto il mondo i tempi di recupero per una ricostruzione del crociato si attestano sempre attorno ai sei mesi, che possono poi diventare cinque e mezzo o sei e mezzo».