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I ricchi armatori greci non pagano le tasse e le loro squadre di calcio si azzuffano in campo

di Nicola Maria Stacchietti26 Febbraio 2015
26 Febbraio 2015

calciogreciaTriplice fischio. Tsipras decreta la fine della partita più brutta: il calcio violento in Grecia. Dopo gli scontri della scorsa domenica nel derby di Atene tra i tifosi, ma anche tra gli eccentrici dirigenti di Olympiakos e Panathinaikos, il premier ha dato lo stop al campionato, su indicazione del viceministro dello Sport, Stavros Kontonis.
Decine di arresti, qualche ferito e giocatori ed allenatori che hanno partecipato alla rissa in campo, al termine della gara: questo l’impietoso scenario che ha portato il leader di Syriza a fermare il calcio greco. Per di più la rissa si è replicata fra i dirigenti delle due squadre, lo scorso martedì, all’assemblea di Lega greca: Vangelis Marinakis, presidente dell’Olimpiakos, avrebbe aggredito Giannis Alafouzos, patron del Panathinaikos, gettandogli una bottiglia d’acqua addosso, mentre le loro guardie del corpo si azzuffavano. Entrambi armatori, banchieri, “gli oligarchi che non hanno mai messo mano al portafoglio”, contro cui il neo premier greco è impegnato anche nella partita delle tasse. “Leviamo l’ancora e prendiamo residenza fiscale altrove. Tutti abbiamo pronto un piano B da realizzare in 24 ore”, ha detto senza giri di parole Theodore Ventiamidis, leader della Confindustria dei mari. Un avvertimento a Syriza sulle conseguenze di una possibile stretta fiscale sulla più grande flotta mercantile del mondo, gli armatori greci. “C’è solo l’imbarazzo della scelta: Monaco, Dubai, Singapore. Oppure”, continua Ventiamidis, “in Germania, dove ci sono agevolazioni fiscali fortissime”.
Una situazione spinosa: da una parte la volontà di tassare “gli oligarchi che non hanno mai messo mano al portafoglio” e recuperare 2,5 miliardi di euro, come promesso nella lettera d’intenti inviata all’Eurogruppo; dall’altra, la paura che l’operazione possa generare una fuga di capitali e quindi una perdita di commesse, occupazione e pil. Perché l’indotto che produce il commercio marittimo in Grecia è di impatto non trascurabile sull’economia: 250mila posti di lavoro, il 7% del Prodotto interno lordo nazionale. Ma pure 140 miliardi di utili, quasi la metà del debito del paese, trasferiti oltre frontiera tra il 2000 e il 2010 senza pagare un centesimo all’erario. E negli anni quelle dei novelli Onassis sono diventate le famiglie più potenti ed influenti (controllano giornali, tv e squadre di calcio) della Grecia. Ma che si rispettino perlomeno le regole del gioco del calcio: le attività dei campionati sono sospese finché non verranno adottate misure di contrasto alla violenza, in primis la tessera del tifoso e il sistema di sorveglianza obbligatorio in ogni stadio.
Già lo scorso settembre il campionato greco si era fermato per la morte di un tifoso dell’Ethnikos Pireo, aggredito a Creta dagli ultrà locali. Ed oltre una tradizione di violenza poco invidiabile, il calcio greco negli ultimi anni è stato protagonista di episodi di calcio-scommesse e corruzione. Tsipras ha deciso quindi di dire basta. E gli ha dato ragione Francesco Totti che da Rotterdam, dove la Roma si trova per la partita di ritorno di Europa League, ha dichiarato: “Bisognerebbe prendere seri provvedimenti, oppure fermare le società i cui sostenitori sono violenti. Purtroppo in Italia non succederà mai qualcosa del genere. Guardate come sono intervenuti in Grecia”.

 Nicola Stacchietti

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