Arbitri e mezzi di comunicazione non hanno mai avuto un rapporto idilliaco. Da sempre vige un silenzio tombale da parte dei primi, finalizzato anche a evitare l’enfatizzazione degli episodi più controversi che ogni settimana nel nostro Paese finiscono al centro di polemiche, che monopolizzano i dibattiti televisivi e social.
Ora però all’orizzonte sembra aprirsi uno spiraglio. Il nuovo presidente dell’Associazione Italiana Arbitri Alfredo Trentalange vuole rivoluzionare questo rapporto, pur con le dovute cautele. Ha già permesso che l’arbitro Daniele Orsato, ancora in carica, intervenisse alla trasmissione Rai “90° minuto” lo scorso febbraio. “Il presidente ha dato una grande occasione a tutti – ha detto in trasmissione il fischietto veneto –. Sta a noi e a voi addetti ai lavori coglierne l’occasione e fare in modo che diventi usuale”.
A oggi, tuttavia, i direttori di gara ottengono la copertina soltanto quando commettono un grave errore o, magari, se sono vittime di episodi di violenza. Lo testimonia l’aggressione di un arbitro appena 18enne della sezione di Torino, colpito alle spalle da un violento pugno al volto da parte di un allenatore. L’episodio, avvenuto l’11 ottobre 2021, è documentato anche da un video.
Lo stesso Trentalange ha seguito dalla tribuna la sua successiva direzione e il presidente della Figc Gabriele Gravina lo ha invitato ad assistere dal vivo alla partita di Nations League tra Italia e Spagna. La Juventus infine lo ha chiamato per arbitrare la sua amichevole con l’Alessandria, consegnandogli poi una targa e una maglia autografata dall’attaccante argentino Paulo Dybala.
Gli ultimi dati dell’Osservatorio violenza Aia ai danni degli ufficiali di gara, aggiornati a luglio 2019, suggeriscono che il fenomeno è molto diffuso e non limitato ai pochi episodi che raggiungono le cronache spesso grazie alle telecamere presenti.
“In una partita di prima categoria siciliana il custode del campo era anche assistente di parte. Mi si scagliò contro e mi picchiò” è il racconto di Emanuele, un altro arbitro che ha vissuto un simile episodio cinque anni fa. “Dal primo minuto non fece altro che contestare ogni mia decisione. Sottovalutai la sua figura per il rapporto che si era creato durante l’accoglienza al campo. A due minuti dalla fine, dopo l’ennesimo rigore cercato e non concesso, dalla sua postazione mi corse incontro, mi diede una manata e mi colpì con la bandierina, così fischiai la fine della gara”.
Come fa quindi un arbitro a tutelarsi? Nei campi provinciali la presenza delle forze dell’ordine è carente. L’unica disposizione è quella di fuggire, cercare riparo e chiamare polizia o carabinieri. Rispondere alla violenza è vietato, pena il ritiro della tessera. Il regolamento del gioco del calcio, tuttavia, dà la facoltà di non dare inizio alla gara nel caso si ritenga che non ci siano le condizioni minime di sicurezza.
Salvatore Marzo, giudice sportivo della Lega Nazionale Dilettanti, avverte: “Se si applicasse sempre alla lettera questa regola, non disputeremmo la maggior parte delle gare. I dirigenti hanno l’obbligo di richiedere la presenza della forza pubblica. Il problema è che poi nelle serie minori la disposizione viene ignorata perché il personale è insufficiente per coprire tutto il programma dei campionati. La Questura dispone quindi una vigilanza dinamica e qualche rapido sopralluogo, intervenendo soltanto se allertata”.
“Ci vuole prima di tutto un controllo sociale da parte di genitori, pubblico e allenatori – sottolinea il presidente Trentalange in un colloquio con Lumsanews –. Al di là dell’impegno delle forze dell’ordine, è necessario compiere un salto culturale. La violenza è un problema per tutto il mondo del calcio perché così i giovani si allontanano”. C’è una crisi di vocazioni (secondo Repubblica ci sono almeno 500 arbitri in meno) e dopo la pandemia una vera e propria emergenza soprattutto nelle categorie minori, dove sono necessari doppi turni.
Secondo Trentalange un rapporto mediatico più evoluto può ridurre gli episodi di violenza e avvicinare maggiormente al pubblico la figura arbitrale: “Bisogna aprire canali di comunicazione, farsi conoscere, educare, umanizzare il direttore di gara, che non è l’uomo nero, ma una componente del gioco che lui stesso ama. I tempi per farli parlare davanti ai microfoni potrebbero essere maturi, ma non ci devono essere elementi di conflitto e la stampa dev’essere corretta e rispettare i ruoli”.
Tuttavia addetti ai lavori e tifosi non sembrano molto propensi ad elevare il dibattito e conoscere maggiormente il regolamento. Invece di comprendere le decisioni e il motivo per cui si sono commessi degli errori si cerca di demonizzarli, cavalcando la polemica, giustificando un insuccesso o continuando a parlare di episodi avvenuti anche molti anni prima.
Per abbattere le distanze la Lnd ha avviato da un mese un nuovo progetto, che prevede la possibilità per gli under 17 di diventare arbitri, continuando a giocare per le rispettive società sportive. Una possibilità fino a oggi preclusa. “Il doppio tesseramento è la sublimazione – conclude il presidente Aia -. I calciatori che fanno anche gli arbitri rappresentano un valore aggiunto sul fronte della tattica e del regolamento e il connubio tra arbitri e media può portare a una svolta”. Che vada oltre il prossimo episodio controverso.