HomeCultura Buon Compleanno Erasmus. Tra programmi ambiziosi e incognite sul futuro compie 25 anni il progetto che ha “fatto gli europei”

Buon Compleanno Erasmus. Tra programmi ambiziosi e incognite sul futuro compie 25 anni il progetto che ha “fatto gli europei”

di Marcello Gelardini01 Marzo 2013
01 Marzo 2013

“Unita nella diversità”, per essere davvero comunità. È il 2000 quando questa semplice frase viene adottata dall’Unione Europea come motto ufficiale. Il senso profondo con cui, mezzo secolo prima, aveva avuto inizio la sua avventura: aggregare i popoli attorno agli stessi obiettivi. Un traguardo che, sebbene non ancora pienamente raggiunto, negli ultimi 25 anni ha fatto passi da gigante. Un quarto di secolo dominato, non a caso, da Erasmus. Un successo ottenuto grazie ad carburante eccezionale: l’entusiasmo di migliaia di giovani che ogni anno scelgono di abbracciare il principale programma europeo di mobilità studentesca.

Perché, prima di tutto, lo speciale compleanno di Erasmus è questo: un lungo viaggio costellato di soddisfazioni; lo strumento attraverso il quale quasi tre milioni di ragazze e ragazzi europei hanno avuto l’opportunità di intraprendere un percorso nel cuore del vecchio continente, intrecciando le proprie vite con quelle di “vicini” forse ancora troppo poco conosciuti. Un metodo che ha contribuito, più di quanto abbiano potuto le altre iniziative intraprese dalle istituzioni comunitarie, a formare i “cittadini” europei, avvicinando chi in precedenza era stato (in alcuni casi anche profondamente) diviso.
Solo con la reciproca conoscenza, infatti, si possono allargare i propri orizzonti e superare quegli steccati mentali che, per decenni, hanno impedito agli abitanti delle singole nazioni di sentirsi veramente “europei”. Per non parlare, poi, del contributo che Erasmus ha dato nel migliorare l’avvenire di molti. Varcare i confini, interagire con nuove culture, imparare altre lingue, vivere in un habitat diverso: un modo per crescere umanamente e affacciarsi al mondo del lavoro con delle sicurezze in più; frecce al proprio arco capaci di fare la differenza; un bagaglio di opportunità da riempire e portare con sé per tutta la vita.

Per questi motivi quella di Erasmus è, prima di tutto, una cavalcata trionfale; una pianta rigogliosa che affonda le radici sul finire degli anni ’80, quando lo spirito di Schengen era solo un’idea “sulla carta” e l’incontro profondo e convinto tra gli europei praticamente un miraggio; quasi un’utopia. Uno slancio lucidamente visionario che portò, nel 1987, il Consiglio europeo a varare una decisione storica (la n.87/327), adottando il Programma di azione comunitaria in materia di mobilità degli studenti; da quel momento, i Paesi membri, avrebbero potuto favorire degli scambi tra i propri studenti universitari, permettendo loro di trascorrere un periodo di formazione presso un’università straniera; per la prima volta, dopo aver fatto l’Europa, si stava pensando a fare gli europei.
Erasmus fu subito un successo: il primo anno oltre 3mila ragazzi approfittarono a scatola chiusa di questa grande opportunità. Per i primi dieci anni il sistema continuò a basarsi su accordi bilaterali tra gli Stati; poi, però, l’evidenza dei risultati convinse i governi a fare un passo in più, avvicinandosi ulteriormente. Nel 1995 una decisione congiunta di Parlamento e Consiglio europeo istituì il Programma Socrates (al cui interno veniva fatto rientrare anche Erasmus) per dare un respiro ancora maggiore all’impegno delle istituzioni comunitarie nel campo dell’istruzione. Il Processo di Bologna (l’azione internazionale finalizzata a creare una rete uniforme dei sistemi d’istruzione superiore) fece il resto. La promozione degli scambi, della mobilità e della cooperazione diventa un cardine dell’architettura europea; Erasmus prende definitivamente il volo; parlano i numeri.

Dal 1986 quasi tre milioni di studenti universitari hanno ottenuto una borsa di studio per passare un periodo di formazione in un’altra università europea. 369mila le adesioni nel primo decennio, addirittura 400mila nel solo triennio 1997-2000; è il segnale di aver definitivamente fatto centro, la certezza del successo. Da questo momento la crescita è esponenziale: un milione gli studenti partecipanti al programma di scambi nel periodo 2001-2007, quasi un milione e mezzo nello scorso quinquennio. Trentatre Paesi aderenti, migliaia di atenei coinvolti, una media di 300mila ragazzi l’anno; una vera e propria popolazione transnazionale: la “Generazione Erasmus”.

Spagna, Francia e Germania le nazioni che hanno dato il maggior contributo numerico; la penisola franco-iberica, assieme alla Gran Bretagna, è anche la destinazione più gettonata. E l’Italia? Il nostro Paese, dopo un’iniziale diffidenza (220 gli italiani partiti nel 1987) ha visto salire anno dopo anno i propri numeri fino ad attestarsi, attualmente, attorno a una media di circa 20mila ragazzi l’anno (al quarto posto nella classifica delle nazioni con più studenti “in uscita”). E, nonostante le proporzioni vedano “entrare” il doppio di quanti partono, i risultati possono considerarsi senza dubbio soddisfacenti; anche perché, tra le quindici università considerate più “internazionali” trovano posto ben tre atenei italiani: l’Alma Mater di Bologna (al quarto posto),la Sapienzadi Roma (nono) e l’Università di Firenze (dodicesimo).

Ma oggi parlare dei progetti europei in materia d’istruzione e formazione, riferendoci esclusivamente al mondo accademico, sarebbe riduttivo. Già nel 2006, infatti, forte dei risultati ottenuti attraverso Erasmus, l’Unione europea ha rotto gli indugi e ha deciso di provare a fare il grande salto lanciando il Lifelong Learning Programme (LLP, programma di apprendimento permanente). Lo strumento per accorpare tutti e sette i progetti istituiti nel corso degli anni (Erasmus, Leonardo, Comenius e Grundtvig su tutti) e avviare la fase della formazione permanente. Dalla “Generazione E” alla “Generazione 3L”: un obiettivo ambizioso oggi sfociato in “Erasmus for all” (Erasmus per tutti); una piattaforma programmatica che vorrebbe coinvolgere da subito 5 milioni di europei (e non solo) per estendere gradualmente il “metodo Erasmus” a tutti i Paesi del mondo e a tutte le categorie di studenti; il mezzo per raggiungere, un giorno, la maggior omogeneità possibile tra i diversi sistemi di educazione, creando una spazio comune di formazione.

Erasmus diventa, così, adulto e più consapevole delle proprie capacità: un grimaldello per il mercato del lavoro che farà crescere il numero, tipologia ed età dei partecipanti: studenti delle scuole superiori, universitari, tirocinanti, laureati, adulti in continua formazione; nessuno è escluso da “Erasmus per tutti”. La parte più interessante è forse proprio quella che riguarda i più grandi: Erasmus Placement, costola del fratello più famoso. La formula è simile solo che, in questo caso, si va all’estero per lavorare in aziende, istituzioni o centri di ricerca di uno dei Paesi aderenti all’LLP (con un compenso minimo di 500 euro). Sono oltre duemila i laureati italiani ad aver già aderito: ingegneri, medici, architetti, avvocati che varcano i confini nazionali per arricchire il proprio “passaporto lavorativo”. Una vera e propria agenzia di collocamento senza frontiere che già dal 2007 affianca l’Erasmus universitario e che, oggi, diventa parte integrante di “Erasmus for all”. Se a ciò si aggiunge l’incrocio con i dati del portale Eures (la banca dati europea che punta a far incontrare domanda e offerta di impiego a livello comunitario) possiamo intravedere tutte le premesse per creare un sistema che aiuti, nei prossimi anni, a risolvere alla fonte il dilagante morbo della disoccupazione giovanile.

Una crisi economica che, però, rischia anche di turbare un compleanno così importante; perché, proprio nel venticinquesimo anniversario e nel momento di massimo splendore, Erasmus è costretto a segnare il passo. Così, dalla volontà di incrementare i fondi in bilancio destinati all’istruzione, per aumentare il numero di borse di studio disponibili, nel giro di pochi mesi si è dovuto ripiegare su progetti meno ambiziosi per scongiurare il peggio. L’allarme è stato lanciato ad ottobre dal Commissario europeo al Bilancio, Lewandowski: gli Stati membri chiedevano un taglio al bilancio europeo e il Fondo sociale europeo, con cui vengono finanziati anche i programmi LLP, sarebbe stata una delle principali vittime sacrificali; il progetto di Bilancio settennale 2014-2020, poi, ha assestato il colpo di grazia. In realtà,la Commissioneè riuscita in extremis a revisionare il budget inchiodando gli Stati alle proprie responsabilità e accordando un taglio di “solo” tre miliardi di euro (sei miliardi da versare a fronte dei nove richiesti dalla UE) per tutelare quel 30% di studenti che, reddito alla mano, rischiavano di rimanere esclusi dai progetti. Ma la situazione di stallo, presto, si ripresenterà: i fondi stanziati hanno coperto solo in parte il buco del 2012 e, i soldi rimasti, saranno probabilmente esauriti già a metà 2013. Perché il problema è strutturale. Prendiamo, ad esempio, l’Italia: oggi l’Unione Europea prevede una borsa di studio mensile di circa 200 euro a studente (per una durata massima di dodici mesi); le università, per incentivare la partecipazione, contribuiscono con somme tra i 100 e i 300 euro. Cifre che non bastano a garantire la sussistenza degli studenti, così il peso economico di spostamenti, vitto e alloggio ricade quasi interamente sulle famiglie.

Nonostante ciò, il mondo Erasmus continua a crescere: le ultime statistiche parlano di un incremento medio annuo del 7,4% nel numero di studenti “in transito” (+8,4% in Italia); il 15,7% in più quelli che scelgono di svolgere un tirocinio all’estero. Sarebbe un vero peccato che tutto ciò sparisse; “Erasmus for all” potrebbe addirittura saltare. Per ora il peggio è scongiurato; ma ancora per quanto? Tutto è nelle mani dell’Europa; dovrà fare una scelta: decidere se ha davvero a cuore le sorti delle nuove generazioni. Perché in questi anni non sono mancati i critici, che vedono in Erasmus un periodo di divertimento più che di studio, uno spreco di soldi e non un investimento sul futuro. Vedremo chi la spunterà. In ogni caso: Buon compleanno Erasmus!

Marcello Gelardini

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