“Un mancato accordo sulla Brexit potrebbe causare una catastrofe economica, per il Regno Unito, paragonabile solamente alla situazione post bellica del 1945”. Questo l’allarme lanciato dal governatore della Banca d’Inghilterra Mark Carney. Alla vigilia del passaggio parlamentare che dovrà ratificare o meno l’accordo raggiunto dal premier britannico, Theresa May, con la Ue lo scorso 25 novembre a Bruxelles, le previsioni sono state molteplici e quasi tutte hanno tratteggiato scenari apocalittici. Le stime e i numeri che snocciola la Banca centrale del Regno Unito, hanno però un’autorevolezza e una credibilità che impongono all’intero Parlamento inglese una attenta riflessione prima del voto.
Da Threadneedle Street fanno sapere infatti che, in caso di ‘no deal’, ci sarebbe un arretramento del Pil di oltre dieci punti in cinque anni, con un impatto negativo sull’economia nettamente superiore anche a quello generato dalla crisi finanziaria del 2008. Non solo: la sterlina crollerebbe del venticinque per cento, causando una diminuzione del prezzo delle case di oltre il trenta per cento, mentre la disoccupazione potrebbe raddoppiare.
In un’audizione di questa mattina, in commissione parlamentare per la Brexit, Theresa May, pressata da alcuni parlamentari che le chiedevano cosa accadrebbe in caso di mancata ratifica sull’accordo, ha glissato sui rischi di un eventuale ‘no deal’, insistendo sul fatto che ora è il tempo di “focalizzarsi sull’accordo”, considerando che “rimanere nell’Ue non è un’opzione perché il popolo ha votato per uscirne”.
Dall’opposizione laburista si registra un netto cambio di strategia, John Mc Donnell, vice del segretario Jeremy Corbyn, probabilmente sapendo quali sarebbero state le conclusioni di Bank of England, ha infatti accantonato l’obiettivo del Labour di andare a elezioni, qualora la May cadesse in Parlamento, dichiarando ai microfoni della Bbc che in caso di no deal “sarebbe inevitabile un secondo referendum”, precedentemente ritenuto l’ultima opzione.