Al termine della giornata di ieri, il primo ministro britannico Boris Johnson è stato sconfitto a Westminster per mano dei ribelli interni alla sua maggioranza che si oppongono al divorzio dall’Unione Europea senza accordo.
La prima reazione di Johnson è stata quella di annunciare le elezioni anticipate il prossimo mese, prima della scadenza della Brexit che è fissata al momento per il 31 ottobre.
Nella seduta, iniziata con i deputati che invitavano il primo ministro a dimettersi e terminata in tarda serata, la Camera dei Comuni ha mosso un primo passo per costringere Johnson a evitare il no-deal.
Il voto di ieri sera (328 contro 301) ha attivato la procedura parlamentare per consentire ai ribelli di votare la legge. Ma Johnson ha escluso un rinvio, e ha subito confermato la richiesta di elezioni per il 14 ottobre. I 21 ribelli conservatori che nella serata di ieri hanno votato contro la linea di governo di Boris Johnson, sono stati espulsi ipso facto dal gruppo parlamentare Tory.
Poche ore prima del voto, lo stesso Johnson aveva perso la sua minima maggioranza parlamentare – che era di un solo seggio – con la defezione del deputato Phillip Lee: l’ex ministro della giustizia si è seduto tra i banchi dell’opposizione liberaldemocratica e ha contemporaneamente annunciato le sue dimissioni dal partito conservatore.
A nulla sono servite le parole del primo ministro britannico, che aveva intimato ai suoi deputati di non approvare un ulteriore rinvio della Brexit. Inutile anche la minaccia di espellere dal partito i conservatori ribelli.
La coalizione di laburisti, liberal democratici, altri partiti dell’opposizione, con il sostegno dei Tory contrari alla linea del governo, non si è lasciata intimorire.