Mancano poche ore. Dopo il rinvio dello scorso 11 dicembre, domani, martedì 15 gennaio, il Parlamento britannico sarà chiamato a dire la sua sull’accordo per l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, siglato lo scorso novembre dalla premier Theresa May con i 27 paesi dell’Ue.
Un voto che si preannuncia incerto già dalle dichiarazioni della leader inglese, sempre più isolata e in crisi. “Se il Parlamento non approverà il piano concordato con Bruxelles è probabile che la Brexit non si farà affatto: i parlamentari britannici sono adesso più propensi a bloccarla piuttosto che abbandonare la Ue senza un accordo”. Questo il messaggio di cui si è fatta carico, secondo i media britannici.
Del resto, stando ai numeri, il rischio di una bocciatura resta alto. Anche per questo nell’ultimo discorso prima del voto, che la premier ha sostenuto agli operai di una fabbrica di Stoke-on-Trent, roccaforte pro-leave del 2016, ha dichiarato che un eventuale esito negativo distruggerebbe la fiducia nella politica. “Chiedo ai parlamentari di valutare le conseguenze delle loro azioni sulla fiducia del popolo britannico nella nostra democrazia – prosegue May – in caso contrario, sarà un danno catastrofico per tutti”. E poi: “Abbiamo tutti il dovere morale di attuare il risultato del referendum”.
Il conservatore Boris Johnson, però, non cede all’ultimatum e non crede che la probabile bocciatura domani dell’accordo sull’uscita dall’Ue possa permettere al Parlamento di far saltare la Brexit in quanto tale: “L’idea di una no Brexit come conseguenza di un voto negativo domani è un’assurdità: la Gran Bretagna uscirà dall’Ue a fine marzo, fine del discorso”, ha dichiarato in un’intervista radiofonica a Lbc.