“I 27 Paesi Ue hanno deciso di accettare la richiesta del Regno Unito di una ‘flextension‘ fino al 31 gennaio 2020: la notizia la comunica su Twitter il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk. “La decisione – si legge nel messaggio – sarà formalizzata con una procedura scritta”. Con questo annuncio si va ufficialmente verso un’ulteriore proroga della scadenza della Brexit. Superata dunque la reticenza del presidente francese Emmanuel Macron, da sempre contrario a rinvii lunghi, che avrebbe voluto dare solo un mese di tempo al Regno.
The EU27 has agreed that it will accept the UK's request for a #Brexit flextension until 31 January 2020. The decision is expected to be formalised through a written procedure.
— Charles Michel (@eucopresident) October 28, 2019
“Avevo già detto di accettare l’idea della proroga, perché se vogliamo salvare l’accordo bisogna dare la possibilità al Parlamento britannico e alle istituzioni di risolvere i loro problemi – ha spiegato David Sassoli, presidente del Parlamento Ue, nel corso della sua visita alla Comunità ebraica di Roma – e accettare quell’accordo che già il Consiglio europeo ha accettato e quindi è indispensabile in questo momento”.
Nel frattempo ricomincia, al Parlamento di Westminster, la partita a scacchi sulla convocazione delle elezioni anticipate. Il premier Boris Johnson riproporrà, nel pomeriggio, la mozione per cercare di ottenere il via libera allo scioglimento della Camera dei Comuni il 6 novembre, con l’obiettivo di tornare al voto il 12 dicembre. Attualmente Johnson non ha il quorum dei due terzi per farla passare: gli servono i voti dell’opposizione laburista, ma Jeremy Corbyn gli ha chiesto di impegnarsi ufficialmente a escludere un no-deal anche per il futuro.
Intanto i LibDem e gli indipendentisti scozzesi, anche loro all’opposizione, hanno offerto una via alternativa per le elezioni: una legge ordinaria, da approvare entro giovedì e per la quale basterebbe la maggioranza semplice. In questo caso il voto sarebbe il 9 dicembre, non il 12, e non ci sarebbe il tempo per un ultimo tentativo pre-elettorale del governo di far ratificare a Westminster l’accordo di divorzio raggiunto da Johnson.