Attesa questo pomeriggio sul tavolo del consiglio dei ministri britannico la bozza di accordo tra Regno Unito e Ue sulla Brexit. Cinquecento pagine ratificate quasi due anni e mezzo dopo il referendum che era costato a David Cameron la carica di premier. Oggi, al civico 10 di Downing Street c’è Theresa May, che da ieri ha iniziato ad incontrare singolarmente i ministri del suo governo in vista del consiglio previsto alle 14, al quale parteciperanno anche i 27 ambasciatori dell’Unione.
“La partita è alla fase finale”, aveva annunciato Theresa May ieri di fronte alla platea del tradizionale Lord Mayor’s Banquet, cena formale indetta dal sindaco di Londra Sadiq Khan. Poi, a conclusione di una riunione di aggiornamento del gabinetto, un portavoce aveva evocato “un piccolo numero di questioni cruciali” da risolvere prima di poter formalizzare la fumata bianca.
Impossibile conoscere il contenuto della bozza, ma secondo alcune indiscrezioni riprese dalla BBC tra i punti nodali c’è il conto di divorzio da 39 miliardi di sterline che il Regno Unito dovrà versare come risarcimento all’Ue e la possibile permanenza temporanea dell’intero Regno nell’unione doganale per assicurare il mantenimento di un confine senza barriere fra Irlanda e Irlanda del Nord. Sarebbe citato anche il cosiddetto backstop, il meccanismo di salvaguardia chiesto dall’Ue per garantire che questa soluzione resti in vigore fino alla definizione di un successivo accordo sulle relazioni future post Brexit.
In attesa della convalida in Parlamento, in cui il governo ha una maggioranza risicata, le opposizioni alzano la voce. Su tutti Boris Johnson, oppositore di May all’interno del partito conservatore, che twitta “Sarà una resa del Regno Unito alle regole di Bruxelles”.
No one is fooled by this theatre. Delay after staged managed delay. A deal will be reached and it will mean surrender by the UK. We will be doomed to remain in the customs union and under Brussels’ regulatory control. People did not vote for colony status 1/2
— Boris Johnson (@BorisJohnson) 13 novembre 2018
Gli fa eco Jeremy Corbin, leader del partito labourista, che critica la bozza definendola “un accordo non positivo per il Regno Unito”.