Prosegue il vertice dell’Unione Europea indetto per la discussione del bilancio. Dopo ore di faccia a faccia e incontri preparatori iniziati giovedì, è ancora lontano l’accordo tra i 27 membri dell’Unione. Dopo una sospensione del vertice durata sei ore, una nuova bozza di compromesso sul bilancio è stata elaborata nella notte dal presidente Van Rompuy: secondo questo accordo di massima, il tetto complessivo di spesa non dovrebbe superare i 960 miliardi di euro per gli impegni e 908,4 per i pagamenti effettivi con un taglio di 11,9 miliardi rispetto alla proposta di bilancio precedente, che già prevedeva riduzioni di spesa.
Le cifre. La bozza prevede un ulteriore taglio di un miliardo di euro per le spese amministrative dell’Unione europea. Anche i fondi per la crescita (infrastrutture, innovazione e ricerca) vengono tagliati di 13,84 miliardi. Ma ci sono anche dei fondi aggiuntivi: l’iniziativa per combattere la disoccupazione giovanile nei Paesi dove supera il 25%, quindi Italia compresa, avrà a disposizione un budget di sei miliardi di euro per il periodo 2014-2020. Ancora tagli dunque, ma anche soldi in più in alcuni settori, pochi in realtà. Ad esempio è stato stanziato un miliardo e mezzo, per il periodo 2014-2020, per le regioni meno sviluppate dell’Italia. Il contributo fa parte degli stanziamenti speciali aggiuntivi destinati alle regioni dei paesi dell’Eurozona maggiormente colpite dalla crisi.
Le posizioni politiche. Al momento le posizioni sono ferme su due fronti: i paesi nord europei che con Gran Bretagna e Germania in testa vogliono un bilancio più austero e il Paesi del Sud con Francia e Italia in testa che non vogliono che venga toccata la voce crescita e intendono difendere i propri fondi agricoli. La sponda con la Francia si rivela quindi essenziale per sbilanciare lo schema dell’Europa a due velocità che troppe volt ha lasciato indietro paesi in difficoltà. Raggiungere una identità di intenti con Parigi significa porre un argine alle posizioni di Gran Bretagna, Germania, Olanda, Svezia e Austria; la posizione dell’Italia è comunque interessata, ovvero tesa a far presente di come la peculiare situazione dei nostri conti pubblici renda l’Italia il primo contribuente netto dell’Unione, versando ben 4,5 miliardi in più di quanto riceva indietro. Sul tutto pesa la dura presa di posizione del Parlamento europeo che non è disposto ad approvare alcun accordo che tagli le prospettive di crescita.
Il premier Mario Monti, prima della lunga pausa dei lavori del vertice voluta da Van Rompuy, ha richiamato «con fermezza» i leader «a prendersi le loro responsabilità per trovare una soluzione valida per l’Europa».
Marco Potenziani