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Bosnia, elezioni amministrative verso il verdetto finale. Per ora prevale l’orientamento delle diverse etnie

di Gianluca Natoli09 Ottobre 2012
09 Ottobre 2012

La politica si specchia e riflette quasi a perfezione le diverse etnie presenti sul territorio della Bosnia-Erzegovina. Nelle elezioni comunali di domenica scorsa, infatti, i partiti espressione delle tre comunità bosniache – croata, mussulmana e serba – si sono affermati nei rispettivi territori. Questo almeno è quanto si evince dai dati preliminari della Commissione Elettorale Centrale.

I dati provvisori. Con una buona affluenza alle urne, il 56% dei 3 milioni di cittadini bosniaci aventi diritto di voto si sono recati alle urne per le elezioni amministrative  che si sono svolte in entrambe le entità della Bosnia-Erzegovina. Nessuna sorpresa a quanto pare, almeno per ora. Nella Federazione croato-mussulmana si proietta in avanti il Partito di Azione Democratica SDA (mussulmano) con 34 comuni dalla sua parte. Alle sue spalle sorprende la forte crescita di consensi sul territorio del partito democratico serbo SDS che, sotto la guida di Zlatko Lagumdzija, avrebbe conquistato complessivamente 27 comuni (ben 14 in più rispetto al verdetto delle precedenti elezioni). I democratici serbi hanno raccolto voti, tanti voti soprattutto nella Repubblica Srpska, strappando consensi alla lega dei socialdemocratici indipendenti del SNSD costretti ad incassare una perdita generale di circa 26 sindaci rispetto alle elezioni del 2008. Il partito dei socialdemocratici SDP (multietnico) del presidente locale Milorad Dodik, invece, pur guadagnando tre sindaci in più, 11 complessivi, perde due roccaforti importanti come Bihac e Novi Grad Sarajevo. Infine, l’Unione democratica croata HDZ, terzo partito di matrice etnica della Bosnia dopo SDA e SDS, può contare già nella sua fetta di Paese 13 sindaci. Malgrado i dati non siano ancora definitivi, poiché  in molti comuni dovrà ancora essere completato lo spoglio, i  primi bilanci parlano già chiaro.

Una realtà complessa. Mussulmani, croati e serbi. Tre etnie per un’unica entità territoriale. La Bosnia Erzegovina è composta da Federazione di Bosnia ed Erzegovina, Repubblica Serba e Distretto di Brcko. La sua forma di governo è quella repubblicana, con a capo un anomalo sistema presidenziale: a rotazione, ogni 8 mesi, si alternano alla guida del paese i tre Presidenti di ciascuna etnia che vengono eletti ogni due anni. Con l’accordo di Dayton (Ohio) del 21 novembre 1995 ebbe termine la guerra nell’ex Jugoslavia e venne ufficialmente riconosciuta la presenza in Bosnia Erzegovina di due entità distinte: la Federazione croato-mussulmana che detiene il 51% del territorio e la Repubblica Srpska allocata sul restante 49%. Il distretto di Brcko, situato al confine con la Croazia, invece, gode ai sensi dell’Arbitrato del 1999 di ampia autonomia rispetto al resto del Paese in materie economiche e fiscali.

Tra controlli e sogno europeo. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite detiene ancora oggi il potere di approvazione nei confronti dell’Alto Rappresentate per la Bosnia Erzegovina. Tra i suoi compiti, vi è quello di imporre provvedimenti legislativi e rimuovere pubblici funzionari che ostacolino l’attuazione della pace. Per ora resta solo un sogno, e niente più, l’ingresso nell’Ue. Nonostante dal dicembre 2010 i cittadini bosniaci possano transitare per l’Unione Europea senza visto al seguito, resta ancora lontana la prospettiva di integrazione. L’ostacolo maggiore è rappresentato dalle divisioni etniche del Paese ex jugoslavo che vedono esclusi dalle più alte cariche istituzionali in Parlamento gli appartenenti alle cosiddette minoranze.

Gianluca Natoli

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