Le bombe russe sulla più grande centrale nucleare d’Ucraina e d’Europa. Il video dell’attacco ha fatto il giro del mondo in poche ore, risvegliando l’incubo di Chernobyl. Nella notte alcune parti dell’impianto di Zaporizhzhia, a nord-ovest della Crimea, sono andate a fuoco e l’unità 1, secondo l’agenzia Bloomberg, sarebbe rimasta colpita. “Questa notte sarebbe potuta essere la fine della storia europea”, ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Secondo quanto confermato in mattinata dalle autorità di Kiev, l’impianto è ora occupato dalle forze di Mosca, che ne hanno preso il controllo. Resta alta l’allerta per le fughe radioattive. Ma quali sono i rischi per l’Occidente? Ne abbiamo parlato con Nicola Armaroli, dirigente di ricerca del Cnr e membro dell’Accademia Nazionale delle Scienze.
Professor Armaroli, secondo lei c’è la possibilità concreta di una seconda Chernobyl?
“Iniziamo dicendo che l’Ucraina è uno dei più grandi produttori di energia nucleare, sicuramente il secondo in Europa. Questi sei reattori sono stati costruiti negli anni ‘80, sono di seconda generazione, e intrinsecamente più sicuri di quelli di Chernobyl. Vorrei escludere che qualcuno, deliberatamente, ci lanci un missile sopra, e in quel caso lo scenario sarebbe analogo a quello del 1986. Tenendo anche conto che l’impianto di Zaporizhzhia ha due reattori in più di quella di Chernobyl. Un’altra possibilità è quella ci sia un errore umano dovuto agli scontri in atto, con il lancio di qualche ordigno anche grande. Ma i veri rischi sono i più scontati a mio parere…”
Che intende?
“Una centrale nucleare ha bisogno di continui raffreddamenti, e nel caso in cui ci fossero dei problemi all’impianto, o una bomba colpisca una parte delle strutture dove sono contenuti materiali radioattivi, può andare in surriscaldamento come è accaduto a Fukushima ed esplodere. Speriamo che venga garantita la sicurezza nella gestione del lavoro interno. L’altro rischio riguarda il personale. Il lavoro in una centrale atomica già è stressante di per sé, immaginiamo cosa può significare portarlo avanti nel mezzo di una guerra. E’ la prima volta nella storia che le operazioni militari di guerra avvengono nei dintorni della centrale nucleare. Poi anche in caso di un incidente minore, dovrebbe intervenire una squadra di soccorso, ma magari in quel momento i vigili del fuoco sono impegnati a spegnere l’incendio di un bombardamento. E’ una situazione estremamente delicata”.
Cosa significa per i russi avere il controllo di questa centrale così importante?
“Il controllo dell’energia è fondamentale. Spegnere una centrale di quelle dimensioni vuol dire mettere al buio e al freddo molte persone. E’ sicuramente un’arma di guerra molto importante. Consideriamo anche che uno dei primi attacchi russi è stato proprio vicino a Chernobyl, e questo ha tutta l’impressione di essere un chiaro messaggio diretto all’Occidente. Un messaggio sinistro. I russi potrebbero decidere anche di gestire l’impianto, perché è di fabbricazione russa e hanno le competenze. Ora che sono dentro potrebbero sostituire il personale con ingegneri e operai russi specializzati. Io spero che chi ha pianificato questa folle invasione sia consapevole che il lavoro nelle centrali nucleari è delicato e non ammette distrazioni”.
Quanto sta accadendo può incidere sul dibattito italiano che riguarda il nucleare?
“Il nucleare ha un problema fondamentale. Quando si decide di costruire una centrale, nessuno può garantire che le condizioni di un Paese, in quel momento in pace, restino le stesse per centinaia di anni. Questa è una debolezza intrinseca del nucleare che nessun avanzamento tecnologico potrà mai eliminare. Dobbiamo esserne consapevoli”.