Non sono bastate all’ormai ex presidente boliviano, Evo Morales, le promesse di nuove elezioni. Il suo mandato, dopo tredici anni, è stato interrotto bruscamente con una fuga e un successivo mandato di arresto, dapprima smentito e poi confermato via Twitter dal leader dell’opposizione, Luis Fernando Camacho.
Dopo settimane di proteste per sospetti di brogli nelle elezioni presidenziali dello scorso 20 ottobre e dopo l’abbandono da parte delle forze armate, Morales ha annunciato le sue dimissioni. La partenza improvvisa dell’ex presidente aveva in un primo momento fatto pensare a una fuga all’estero, poco dopo smentita dallo stesso Morales riapparso in televisione. Ha affermato che “in futuro” risiederà “nella zona tropicale di Cochabamba”, dove iniziò la sua carriera politica e dove i militari lo stanno cercando.
Intanto la Russia ha definito “colpo di Stato” il processo che ha portato l’ex presidente alle dimissioni ed ha accusato l’opposizione boliviana di aver scatenato “un’ondata di violenza”, invitando poi le forze politiche a “trovare una soluzione costituzionale alla situazione nell’interesse della pace e dell’ordine”. Lo ha riportato l’agenzia Interfax citando una nota del Ministero degli Esteri russo. Anche il Messico ha solidarizzato con Morales, offrendogli asilo dopo aver ricevuto già 20 funzionari governativi boliviani nella sua ambasciata a La Paz.
Il controllo del paese spetta ora, e fino alle prossime elezioni, al vicepresidente della camera alta, l’oppositrice Jeanine Anez. La legge boliviana prevede infatti che in assenza del presidente e del vicepresidente, la presidenza spetterebbe al presidente del Senato, ma anche questi due hanno dato le dimissioni ieri insieme al presidente.
L’ipotesi più probabile per ora è che ci sarà una nuova tornata elettorale senza Morales ma con un candidato del suo schieramento.