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Bob Lady, l’agente Cia arrestato per il sequestro dell’imam Abu Omar, chiede la grazia a Napolitano: “L’Italia sapeva. Io capro espiatorio”

di Anna Serafini12 Settembre 2013
12 Settembre 2013

Ha chiesto al presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, un “perdono personale e legale”, cioè un provvedimento di grazia, l’ex capo della Cia a Milano, Robert Seldon Lady. Condannato in giudicato a nove anni di reclusione, su di lui cade tuttora un mandato di cattura internazionale per il sequestro dell’imam egiziano, Abu Omar, avvenuto illegalmente nel capoluogo lombardo il 17 febbraio del 2003. Ma a Napolitano, Lady scrive che l’operazione antiterroristica si è svolta “agli ordini di alti funzionari Usa in collaborazione con alti membri del governo italiano”, nell’ambito di quella collaborazione contro Al Qaeda, che ha permesso di “fermare molti piani terroristici” e per cui l’Italia ha ricevuto “milioni di dollari”.

“Mi era stato detto che le attività in cui ero coinvolto erano state esaminate e approvate dai legali e dai più alti funzionari del governo degli Stati Uniti”, adduce Lady nella lettera al Presidente, in cui non ha smentito la sua versione dei fatti. Secondo l’agente, il piano del sequestro era stato elaborato dal capo Cia a Roma, Jeff Castelli e dal suo superiore, ed eseguito da una squadra di trenta persone. Ma per la magistratura il suo coinvolgimento è stato maggiore, da cui la decisione di una condanna a nove anni e il mandato di cattura internazionale, che ha giustificato questa estate il fermo a Panama. Si sente un “capro espiatorio”, Lady, che in un’intervista pubblicata online da La Stampa riflette sull’evenienza che il Capo dello Stato non gli conceda il provvedimento auspicato: “Ho considerato di consegnarmi personalmente a Napolitano, per ripulire il nome. L’alternativa è cominciare a rivelare tutti i segreti che conosco. Mi sembra però che tutti i governi vorrebbero che io mi suicidassi, per chiudere il problema».

Eppure ieri, nella lettera a Napolitano, è proprio alle “informazioni confidenziali del governo italiano” di cui è venuto a conoscenza “a seguito dell’attività di collaborazione con i servizi”, che Lady si era appellato, sottraendosi alla giustizia italiana: “per montare una difesa adeguata avrei dovuto violare sia le leggi degli Stati Uniti che quelle dell’Italia. Non ero allora e non sono adesso disposto a farlo”. Da cui la richiesta del “rimedio” che l’Italia “sta sollecitando nel deplorevole caso dei fucilieri di Marina”, Salvatore Girone e Massimiliano La Torre, i marò accusati di aver ucciso due pescatori indiani.

Anna Serafini

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