Agivano nell’ombra, indisturbati, progettavano un attentato in uno dei luoghi simbolo di Venezia: il ponte di Rialto. La polizia e i carabinieri hanno arrestato nel corso di un blitz, un gruppo di cittadini kosovari residenti in Italia con regolare permesso di soggiorno. Da mesi li intercettavano e spiavano i loro movimenti nell’ambito di un’indagine coordinata dalla Procura distrettuale antimafia e antiterrorismo di Venezia, condotta dal Reparto operativo del comando provinciale di Venezia e dalla Digos della questura di Venezia.
Dopo aver individuato la cellula, gli inquirenti ne hanno ricostruito le dinamiche relazionali, la radicalizzazione religiosa dei vari soggetti, i luoghi che frequentavano. L’intenzione di compiere un attentato è emersa da alcune intercettazioni telefoniche agghiaccianti: una in cui parlavano di far saltare il ponte di Rialto per fare centinaia di morti, “sarebbe un colpaccio” dicevano. Poi un’altra, del 22 marzo in cui si sentivano distintamente alcune persone esultare dopo l’attentato di Westminster a Londra. Nel corso del blitz che questa notte ha portato all’arresto di tre persone, sono state eseguite anche 12 perquisizioni: dieci in centro storico a Venezia, nei pressi del Teatro La Fenice, una a Mestre e una a Treviso.
Tutti sotto i trent’anni (uno di loro sarebbe addirittura minorenne), i tre kosovari arrestati risultavano ben integrati, residenti in Italia da almeno due anni, due di loro lavoravano come camerieri in centro.
Secondo stime risalenti al 2016 pubblicate dall’Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale) il Kosovo detiene lo sfortunato primato di reclute per il Califfato. Sono 300 uomini e 36 donne infatti, i foreign fighter partiti dal Kosovo, che si aggiungono ai 160 dell’Albania e ai 250 della Bosnia. Su una popolazione di soli 1,8 milioni di abitanti, è il rapporto più alto in Europa.