Non si fermano le violenze dell’esercito birmano. I militari, artefici del colpo di stato consumatosi dieci mesi fa, avrebbero represso nel sangue le proteste dei cittadini, portando a termine almeno quattro uccisioni di massa di civili lo scorso luglio. I morti sarebbero più di 40.
È questa l’istantanea scattata dalla Bbc con un’inchiesta accompagnato da un video in cui i residenti di uno dei villaggi presi di mira trovano i corpi di alcune delle vittime in una fossa comune.
Secondo il sito britannico, le uccisioni di massa sono avvenute in una roccaforte dell’opposizione nel distretto di Sagaing, Kani Township, nel centro del Paese. Il villaggio più colpito è stato quello di Yin, dove almeno 14 uomini sono stati torturati fino alla morte. I militari hanno gettato poi i corpi in un canalone boscoso. Testimoni e sopravvissuti hanno raccontato ai reporter della Bbc che i soldati, tra cui alcuni17enni, hanno radunato gli abitanti dei villaggi, separato le donne ed ucciso solo gli uomini. La Bbc ha parlato con 11 testimoni a Kani e ha confrontato i loro resoconti con i filmati e le fotografie scattate con telefoni cellulari raccolti da Myanmar Witness, una Ong con sede nel Regno Unito che indaga sulle violazioni dei diritti umani nel Paese.
Agghiacciante la testimonianza di un uomo che è riuscito a fuggire da Yin. Quegli uomini “sono stati legati, picchiati con pietre e calci di fucile e torturati tutto il giorno”, ha detto il sopravvissuto.
Nel villaggio di Zee Bin Dwin, vicino a Yin, sono stati trovati 12 cadaveri mutilati sepolti in fosse comuni poco profonde. Tra questi c’era anche un piccolo corpo, forse di un bambino, e quello di un disabile.
Nel frattempo è stato rinviato al 27 dicembre il verdetto in un’altra parte del processo a carico della Aung San Suu Kyi, già condannata a 2 anni di carcere all’inizio di dicembre per incitamento al dissenso contro i militari e violazione delle misure anti Covid. La Consigliera di Stato è agli arresti domiciliari dal golpe militare che ha rovesciato il suo governo lo scorso 1 febbraio. Aung San Suu Kyi rischia una condanna a tre anni di carcere per importazione illegale e possesso di una decina di walkie-talkie.