La Birmania rilascerà i 5636 detenuti incarcerati per essersi opposti al golpe di febbraio. I prigionieri erano tra i partecipanti alle proteste contro il colpo di Stato che aveva portato alla deposizione del governo civile in Myanmar. A renderlo noto è il leader della giunta Min Aung Hlaing, nuovo capo del governo militare che giustificò il golpe, accusando il partito dell’ex leader del Paese Aung San Suu Kyi e altri funzionari di brogli elettorali, di fatto mai dimostrati.
La scarcerazione arriva dopo che l’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (Asean) ha deciso di escludere lo stesso Min Aung Hlaing, attuale primo ministro birmano, dal prossimo summit che si terrà dal 26 al 28 ottobre. Una posizione che avrebbe “molto deluso” la giunta militare.
La liberazione anticipata dei prigionieri avverrà in occasione del festival di Thadingyut che si celebrerà mercoledì: è consuetudine eseguire simili rilasci durante le principali festività. Questa è la terza volta che la giunta al potere lo fa da quando ha rovesciato il governo eletto di Aung San Suu Kyi, innescando proteste quotidiane, arresti e uccisioni da parte delle forze di sicurezza. Già nel mese di aprile infatti si era verificata una scarcerazione di massa che aveva portato alla liberazione di ben 23mila detenuti.
A oggi nelle carceri birmane si trovano ancora 7300 prigionieri politici, tra i quali il giornalista statunitense Danny Foster. Secondo l’Associazione di assistenza per i prigionieri politici, che monitora le vittime e gli arresti, le forze governative hanno ucciso almeno 728 manifestanti dalla presa del potere.