Dopo tre rinvii, si è riaperto ieri alla camera il dibattito sul testamento biologico. La discussione vuole regolamentare le decisioni sul fine-vita, questione complessa e dibattuta a lungo in Italia anche in relazione all’ultimo caso di Dj Fabo, che ha scelto lo scorso 27 febbraio il suicidio assistito in Svizzera per morire. Nonostante i riflettori puntati sul tema, l’aula parlamentare al momento della proposta di legge era deserta. Il numero medio dei deputati presenti non è stato infatti superiore a 20. Tra loro Gianni Cuperlo (Pd), Matteo Mantero (M5s) e Fabrizio Cicchitto (Ncd).
L’attenzione si è focalizzata sulle modalità di consegna delle proprie disposizioni e sulla revocabilità delle decisioni: ognuno potrà disporre il rifiuto dei trattamenti sanitari, incluse la nutrizione e l’idratazione artificiali. Le buone intenzioni e l’auspicio di Monsignor Vincenzo Paglia, che sperava in accordo ampio il parlamento, si sono scontrate con un’assenza a sorpresa, simbolica di una politica distaccata sul tema. Roberto Giachetti, convinto sostenitore del biotestamento, nonché vicepresidente della Camera, ha invitato però i giornalisti a prendere in considerazione «la qualità del confronto sul tema piuttosto che la quantità numerica degli interventi».