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Bimbo palestinese di 5 anni “arrestato” per aver lanciato un sasso a coloni ebrei. L’ Onu denuncia in un rapporto altri casi

di Alessandro Filippelli12 Luglio 2013
12 Luglio 2013

Fermato a soli 5 anni per aver lanciato pietre contro i soldati israeliani. E’ accaduto a Hebron, in Cisgiordania. Wadi, questo il suo nome, è stato costretto a salire su una jeep ed è stato trattenuto per due ore insieme al padre. La vicenda è stata denunciata da Betzelem, il centro di informazione israeliano per i diritti umani nei Territori palestinesi.
I fatti. L’episodio risale a martedì scorso, quando sette soldati e un ufficiale hanno fermato il piccolo vicino alla Tomba dei Patriarchi. A raccontare l’accaduto ci sono anche delle immagini che ritraggono il momento dell’arresto. Un video racconta gli attimi in cui i militari hanno fermato il piccolo. Momenti drammatici visto che il piccolo, incredulo, ha cominciato a piangere. Nonostante questo, è stato fatto salire a forza su una jeep dell’esercito. Il bambino è stato quindi portato a casa per avvertire i familiari che sarebbe stato trasferito sotto la responsabilità della polizia palestinese per l’accaduto. Di fronte alle resistenze dei genitori, Wadi è stato portato insieme al padre, Karam, alla base dell’esercito israeliano dove il genitore è stato ammanettato e bendato per poi essere trasferito a piedi al checkpoint insieme al figlio. Una volta lì, in seguito all’intervento di un tenente colonnello israeliano, i due sono stati presi in custodia dalla polizia palestinese che li ha brevemente interrogati e rilasciati.
Le polemiche. L’organizzazione umanitaria ha chiesto ufficialmente spiegazioni all’esercito israeliano. In un comunicato stampa, infatti, Betzelem ha espresso la preoccupazione che il fermo del bambino non sia stato un caso isolato e chiesto come esso si concili con il sistema giudiziario israeliano applicato in Cisgiordania secondo cui l’età minima di responsabilità criminale è di 12 anni. L’esercito israeliano non nega l’episodio, ma accusa l’organizzazione di averlo divulgato alla stampa in modo tendenzioso e senza averlo prima analizzato con le autorità militari: ”E’ riprovevole che Betzelem scelga di divulgare alla stampa in maniera tendenziosa filmati del genere, prima ancora di aver chiarito la vicenda con l’esercito” ha rilevato un portavoce militare. “Dopo il lancio di sassi – ha aggiunto – una nostra unità ha fermato il bambino, lo ha consegnato ai genitori e ha passato la questione alla polizia palestinese”.
Altri casi in passato. Non si tratta di un caso isolato. I minori arrestati sono circa 2 al giorno e, una volta fermati, “vengono ammanettati in maniera violenta e sono loro bendati gli occhi, poi vengono trasferiti in luoghi sconosciuti a genitori e parenti”. E’ quanto scrive l’Onu in dossier uscito lo scorso 14 giugno.
I minori, come è accaduto a  Wadi, spesso fermati nei territori occupati con l’accusa di aver lanciato pietre contro i soldati israeliani o i coloni, rischiano pene fino a 20 anni di carcere. E a quel punto, secondo il rapporto Onu, “le accuse nei loro confronti sono lette in ebraico, una lingua che ovviamente non conoscono, e sono loro fatte firmare confessioni scritte, anche queste in ebraico”, senza rispettarela Convenzionedei diritti del fanciullo, che Israele stesso ha ratificato nel 1991.
Il Comitato dell’Onu per la difesa dei diritti dei bambini accusa lo stato di Israele di violenze e torture sistematiche nei confronti dei minori palestinesi detenuti, usati anche come scudi umani: si parla di almeno 7mila minori palestinesi, tra i 12 e i 17 anni, ma qualcuno anche di 9 anni, arrestati da Israele negli ultimi 10 anni.
Il portavoce del ministero degli Esteri israeliano Ygal Palmor ha risposto che questo dossier è stato stilato “attraverso fonti secondarie, non verificate, e che non c’è stata richiesta di collaborazione”.
Alessandro Filippelli

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