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Big-bang in crisi: la Luna nacque da uno scontro celeste

di Lorenzo Caroselli18 Ottobre 2012
18 Ottobre 2012

Era il 1927 quando il fisico George Lemaitre  ipotizzò che tutto l’universo nacque dall’esplosione di un atomo primitivo. Ma oggi, dopo 80 anni, la teoria del Big-bang entra in crisi. Due recenti studi americani proverebbero che la Luna sia il frutto di un impatto tra la Terra e un corpo planetario grande quanto  Marte (e noto come Theia), avvenuto circa  4,5 miliardi di anni fa.
Nato in questo modo, il nostro satellite dovrebbe aver ereditato i caratteri di entrambi i corpi celesti. E invece no, somiglierebbe del tutto alla  Terra, per quel che riguarda la  composizione isotopica di alcuni elementi, come  ossigeno e  titanio. Un bel problema per la teoria dell’impatto, che ora però due studi pubblicati su Nature e Science cercano di risollevare, chiamando in causa nuove variabili con analisi delle rocce lunari e simulazioni al calcolatore.

Uno dei punti principali riguarda le osservazioni su campioni rocciosi raccolti nelle  missioni Apollo, su campioni terrestri e meteoriti marziani. Le analisi effettuate da  James Day della  Scripps Institution of Oceanography, insieme a  Randal Paniello e  Frédéric Moynier della  Washington University di St. Louis, pubblicate su  Nature, mostrano bassissimi livelli di zinco, sostanza volatile (ovvero che evapora facilmente), nelle rocce lunari, arricchite però da isotopi pesanti dello stesso elemento.

Testimonianze, quelle del  frazionamento isotopico, cercate a lungo e che secondo i ricercatori conforterebbero l’ipotesi di un grande evento di evaporazione, ha spiegato Day:  «Come rimuovere tutti i volatili da un pianeta o, in questo caso, da un corpo planetario? È necessario un grande evento di fusione della Luna per fornire il calore necessario a far evaporare lo zinco».  Un evento che potrebbe essere stato proprio quello di un grande impatto, che avrebbe permesso agli elementi volatili più leggeri di  “scappare” prima che il materiale vaporizzato nella collisione potesse condensare. Anche se, spiegano ricercatori, resta aperta una questione: spiegare perché la  Terra, coinvolta nell’impatto, non sia anch’essa povera di  elementi volatili, e anche perché sia così ricca di acqua.

Ma lo studio su Nature non è l’unico a favore  della teoria dell’impatto. Ci sono infatti anche le simulazioni al computer. I modelli precedenti su questa ipotesi prevedevano che la collisione gigante avesse avuto lo stesso  momento angolare (una grandezza fisica legata alla rotazione) avuto oggi dal  sistema Terra-Luna. Ma è necessaria una piccola digressione per chi è completamente a digiuno di fisica: il momento angolare è una grandezza vettoriale (ossia contraddistinta da un modulo, o lunghezza, una direzione e un verso) che serve a caratterizzare un corpo in rotazione. Si calcola a partire dalla massa, dalla velocità e dalla distanza dell’asse di rotazione: in generale, più velocemente ruota un corpo, o più è distante dall’asse di rotazione, maggiore è il modulo del suo momento angolare.

Il team guidato da  Matija Ćuk del  Seti Institute e Sarah T. Stewart della  Harvard University – a capo di uno dei due studi su  Science – ha provato a riformulare le ipotesi, partendo da un momento angolare della Terra più elevato in prossimità della collisione. Secondo le simulazioni al computer effettuate dai ricercatori  si potrebbe infatti così giustificare la formazione di un  disco lunare – da cui sarebbe nato appunto il nostro satellite – fatto di materiale terrestre (quello del  mantello).

E i conti sembrano tornare anche cambiando ancora le  dinamiche del sistema di partenza. Nello studio presentato da  Robin Canup del  Southwest Research Institute (Texas), sempre su  Science, i ricercatori hanno effettuato nuove simulazioni al computer, stavolta  immaginando però un impatto tra oggetti celesti di grandezza comparabile; entrambi con una  massa simile a quella Terra.

Lorenzo Caroselli

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