Leadership interna, elezioni regionali, patto di governo. Sono queste le tre questioni aperte nel Movimento Cinque Stelle, al centro del sabato romano di Beppe Grillo. Una visita lampo ma non inattesa. Il fondatore è arrivato nella Capitale dopo il voto su Rousseau di giovedì: gli iscritti alla piattaforma della Casaleggio Associati hanno votato contro la “pausa” elettorale proposta dal capo politico del Movimento, Luigi Di Maio.
Un risultato che ha aperto un doppio fronte: il primo, la corsa al voto nelle regioni (Emilia Romagna e Calabria); il secondo la tenuta della leadership del ministro degli Esteri, che non voleva presentare liste pentastellate dopo la batosta umbra. I Cinque Stelle invece parteciperanno, ma al momento sembra esclusa una nuova alleanza con il Pd: correranno da soli, nonostante gli ultimi sondaggi li diano sotto la soglia del 10 per cento.
Durante la visita nella Capitale, il comico ha rinsaldato la leadership di Di Maio (“Siamo d’accordo su tutto, Luigi non va sostituito”), ma al tempo stesso ne ha sancito il commissariamento (“Io ci sarò di più”) e ha dettato la linea politica: la svolta a sinistra del Movimento (“Con loro possiamo fare progetti”), nel momento in cui il capo politico voleva riportarlo a destra, verso la Lega di Matteo Salvini, perché “è lì che sta andando il Paese”.
Ma il pressing su Di Maio non finisce qui: è previsto un nuovo incontro con Grillo e Davide Casaleggio nei prossimi giorni, in cui dovrebbe essere sancito – stando al Corriere della Sera – un triumvirato al comando. Sarebbero Alessandro Di Battista e la sindaca di Torino Chiara Appendino i due in lizza per affiancare il leader.
Sullo sfondo c’è l’alleanza col Pd. Grillo ha parlato di un “nuovo patto di governo” da sottoscrivere a gennaio con i Dem. E per questo – riporta Repubblica – nel fine settimana avrebbe sentito il segretario Nicola Zingaretti. Un contatto che vuole rinsaldare l’alleanza giallorossa.
Ha destato polemiche un altro incontro del fondatore: quello con l’ambasciatore cinese a Roma. Riunione prevista, ma di cui nulla è emerso. E per questo si è speculato: soprattutto alla luce delle posizioni del M5S sulle proteste di Hong Kong e sulla repressione di Pechino della minoranza uigura nel paese. Nessuna condanna, anzi molte giustificazioni sul comportamento del governo di Pechino.