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HomeCronaca “Riaprite il Castelletto”, l’immobile confiscato che sorge a Castel Gandolfo

"Riaprite il Castelletto"
L'immobile confiscato
sorge a Castel Gandolfo

Un centro per donne vittime di violenza

nell'area usata dai boss della Magliana

di Rossella Melchionna08 Febbraio 2018
08 Febbraio 2018

Riqualificare e rivalutare: sono stati questi, fin da subito, gli obiettivi prefissati dall’associazione Libera Castelli Romani – Presidio Natale De Grazia nei confronti dell’immobile “il Castelletto”. Il bene, l’unico confiscato alla mafia e destinato dall’Anbsc al Comune di Castel Gandolfo, è composto da un’abitazione, un’autorimessa, un magazzino e un terreno. L’immobile, secondo quanto sostenuto dalla locale Amministrazione, non è stato ancora riutilizzato poiché è in corso di definizione la richiesta di condono edilizio. Le ipotesi avanzate nel corso del tempo, però, sono state tante e con finalità istituzionali e sociali. Abbiamo chiesto maggiori informazioni a riguardo alla portavoce e volontaria dell’associazione, Silvia Barbieri.

Quali attività ha svolto l’associazione Libera al “Castelletto”?

«Libera, replicando sul territorio il lavoro che porta avanti in tutta Italia fin dal 1995, ha messo a disposizione dell’Amministrazione di Castel Gandolfo l’esperienza maturata in tema di riuso sociale dei beni confiscati alla criminalità organizzata. In questo senso, cioè, il Comune è stato affiancato nell’analisi della disciplina vigente in materia, e nell’individuazione dei potenziali percorsi di riuso che tenessero conto tanto delle esigenze economiche, quanto delle finalità socio-culturali e del coinvolgimento della comunità».

Citi qualche esempio.

«Innanzitutto, nella primavera del 2013, ci occupammo di ripulire il giardino e gli interni del “Castelletto” assieme ad alcuni gruppi scout di Roma e dei Castelli. A seguito di questa prima sistemazione, proponemmo al Comune di organizzare una giornata di apertura del bene alla cittadinanza, che ci permise di far conoscere alla collettività il valore, anche etico, dell’immobile. Ci dispiace dover ricordare, però, che pochi giorni dopo l’iniziativa, venne trovata una busta indirizzata alla sindaca, Milvia Monachesi, contenente alcuni proiettili e il messaggio: “Tanti saluti dalla Magliana”. A riprova, comunque, della risonanza che il percorso di riuso stava acquisendo sul territorio e della direzione giusta in cui si muoveva tale attività. Da allora abbiamo incontrato l’Amministrazione in diverse occasioni, proponendo soluzioni alle questioni più tecniche. Nelle ultime riunioni, il Comune si era impegnato a pubblicare un bando di gara per i progetti di riuso sociale e la successiva assegnazione del bene, che, attualmente, non ci risulta sia stato predisposto».

In quali condizioni si trova ora l’immobile?

«Per quanto ne sappiamo, al momento il bene versa in condizioni di abbandono. Vi siamo entrati l’ultima volta circa un anno fa per un’intervista radiofonica: la vegetazione del giardino era talmente cresciuta che, senza i mezzi tecnici, riusciva impossibile avanzare e raggiungere l’immobile».

Quando è stato confiscato alla mafia?

«Il bene fu sequestrato nel 1992 a Enrico Nicoletti, ritenuto il cassiere della banda della Magliana, ma la confisca definitiva arrivò solo nel 2001. La struttura venne poi occupata abusivamente per moltissimi anni fino al 2012, quando, nel mese di ottobre, entrò definitivamente nel patrimonio del Comune di Castel Gandolfo».

Come potrebbe essere riutilizzato in futuro “il Castelletto”?

«Le idee sono moltissime: da centro di promozione – anche turistica – delle ricchezze naturali, artistiche e sociali del territorio, a casa di seconda accoglienza per donne vittime di violenza. In effetti, considerata la posizione strategica del bene e la sua struttura, sono diverse le attività a cui si presta. È necessario, tuttavia, che vengano risolte tutte le problematiche tecniche sussistenti per permettere la pubblicazione del bando di gara: ciò potrà avvenire solo con la collaborazione dell’Amministrazione e degli Uffici comunali, ma anche con la spinta di sensibilizzazione da parte dell’intera cittadinanza».

Perché è importante il riuso dei beni confiscati alla mafia?

«Riutilizzare socialmente i beni confiscati significa attuare una strategia di contrasto al fenomeno criminale. L’immobile confiscato, infatti, non viene più soltanto inteso come sottrazione di risorse alla mafia, bensì come occasione di prevenzione e di sviluppo economico e sociale. L’uso dei beni confiscati, quindi, acquisisce un alto valore educativo e simbolico, in quanto si distrugge il capitale – tanto materiale quanto sociale – delle mafie: si toglie terreno al consenso di cui le suddette organizzazioni godono, alle relazioni dalle stesse intessute, e si facilita altresì la creazione di una rete di rapporti alternativi. Per questo motivo è importante che i percorsi di riuso privilegino un approccio pragmatico, negoziale e partecipativo, raggiungendo risultati concreti e positivi».

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