L’audizione in Commissione Banche voluta sulla crisi della Popolare di Vicenza e Veneto Banca si è trasformata in uno scontro fra il direttore generale di Consob Angelo Apponi e il capo della Vigilanza di Bankitalia Carmelo Barbagallo.
Il quadro che emerge dalle due testimonianza è coerente con quello giudiziario fino ad ora ricostruito: controlli tardivi e incompleti se non addirittura omessi, l’assenza di comunicazione fra Palazzo Koch e l’organismo di vigilanza. “Può darsi che il sistema dei controlli non sia adeguato” ha chiosato Barbagallo al termine del suo intervento.
I primi segnali sulla situazione anomala di Veneto Banca risalirebbero al 2013, ha detto Apponi, subito confutato da Barbagallo secondo il quale già a novembre dello stesso anno la Banca d’Italia aveva segnalato all’autorità l’evidenza di elementi tali da far scattare un’indagine.
Confermato invece che Bankitalia non fornì alcuna indicazione su Popolare di Vicenza, per una semplice valutazione di estraneità della questione ad un eventuale oggetto di indagine da parte delle due autorità. “Inoltre allora svolgevo una funzione diversa” precisa Barbagallo. Nel 2014 la banca vicentina aveva dovuto convertire un bond da 253 milioni per rafforzare il patrimonio, dopo aver fallito gli stress test della Banca centrale europea.
Tuttavia, una nota interna della vigilanza della banca centrale segnalava al governatore Mario Draghi un prezzo per azione troppo alto rispetto alla redditività della banca. L’autorità comunicò alla banca vicentina una serie di provvedimenti correttivi, senza toccare il prezzo delle azioni che continuò a crescere fino al record del 2011 a 62,5 euro per azione.
Dalle indagini erano emersi una serie di problemi legati al ruolo predominante dell’ad Gianni Zonin nella concessione di crediti, effettuata più in base a criteri di valutazione delle relazioni con i richiedenti che in base a criteri oggettivi.
Analoga la situazione che emerge per Veneto Banca, il cui prezzo delle azioni già nel 2013 era non solo incoerente con il reddito dell’istituto e con il contesto economico, ma – come si legge nella relazione degli ispettori nel 2013 – appariva “determinato con criteri in palese violazione dei principi di prudenza e delle procedure decise dalla stessa banca”.
Al momento non è esclusa l’ipotesi di sentire in merito il parere del numero uno della Bce. Mercoledì prossimo l’ufficio di presidenza deciderà se riprendere in mano il dossier e ascoltare Gianni Zonin e l’ex ad di Veneto Banca Vincenzo Consoli.