L’uscita prematura della nazionale italiana dai mondiali di calcio non è stata una delusione solo in termini di passione calcistica. Il ritorno anticipato a casa costa caro al Paese: mancata crescita del pil, mancato boom in Borsa e anche meno introiti pubblicitari. È difficile quantificare esattamente la perdita se si valuta anche tutto ciò che si muove intorno a ogni partita mondiale della Nazionale, con incassi di ristoratori e locali pubblici ridimensionati.
Anche i giornali sportivi venderanno sensibilmente di meno di quanto avrebbero potuto fare se l’Italia fosse arrivata fino alla fine. All’indomani della vittoria mondiale degli Azzurri, nel 2006, le copie vendute furono più di 4 milioni.
La Rai aveva stimato, nei suoi contratti pubblicitari, un’audience di 11 milioni di spettatori. Ma senza l’Italia in campo le cifre saranno destinate a rimanere più contenute. Per 30 secondi di pubblicità durante la finale si pagano 200mila euro, se ci fossero stati gli azzurri gli stessi 30 secondi sarebbero costati 550mila euro.
Anche la Coldiretti ha fatto i conti degli effetti dell’eliminazione dell’Italia. La sconfitta contro l’Uruguay ha tolto importanti chance per le imprese nazionali che si affacciano sui mercati esteri. “L’anno successivo al trionfo azzurro l’economia nazionale è cresciuta del 4,1 per cento del pil e il numero di disoccupati è diminuito del 10 per cento” ha precisato la Coldiretti. Anche il turismo, nell’anno successivo la storica vittoria del mondiale, è aumentato. Gli stranieri in vacanza in Italia sono aumentati del 3,5 per cento. Proprio per questo non si può parlare solo di fallimento calcistico.
Alberto Gentile