Mai così bassi gli aumenti delle retribuzioni contrattuali, che salgono soltanto dello 0,5% rispetto all’anno scorso. I dati, rilasciati questa mattina dall’Istat, riguardano il mese di novembre 2016 in cui, inoltre, l’indice degli aumenti rispetto ad ottobre era migliorato del solo 0,8%. Complessivamente, la retribuzione oraria media è cresciuta dello 0,6%, il dato più scarso in assoluto dalle ultime analisi. A beneficiarne sono principalmente i dipendenti del settore privato, che registrano un incremento tendenziale dello 0,7%, diviso tra industria (0,3%) e servizi privati (1,2%). Per la pubblica amministrazione invece, la variazione è praticamente nulla.
Restano deboli i miglioramenti nel settore agricolo, metalmeccanico e chimico, così come nell’orizzonte di informazione e comunicazione, i cui dati sono definiti “trascurabili”. Un aumento sensibile si ha nel settore energia e gas (1,4%), in quello di tabacco e alimentari (1,8%) e in quello commerciale, che registra la cifra migliore in assoluto, toccando un +2%.
Alla fine di novembre soltanto il 32% degli occupati dipendenti ha siglato un contratto collettivo nazionale di lavoro, corrispondendo al 30,9% del monte retribuito preso in analisi. Il restante 68% dunque, è la quota di dipendenti in attesa di un rinnovo, addirittura in aumento rispetto al mese precedente (+0,1%). I tempi di attesa di rinnovo per contratti scaduti sono quantificabili intorno ai 42 mesi, che arrivano ad 83 nel caso dei dipendenti pubblici. L’attesa media di 28,7 mesi ha subito un incremento sensibile dall’anno precedente, quando era di 22,5 mesi.
Nessun contratto è stato recepito a novembre, nonostante i 49 in attesa (oltre 8,8 milioni di dipendenti), mentre uno soltanto (conciarie) è venuto in scadenza. Non si registravano simili dati dal 1982, l’immobilità innescata dalla crisi del 2009 sembra non aver esaurito la sua influenza.