«Servono almeno 150 milioni per l’ammodernamento della rete metropolitana di Roma. Senza l’aiuto delle istituzioni, è impossibile erogare con continuità il servizio». Danilo Broggi, ad dimissionario di Atac, ha difeso il suo operato e quello dell’azienda del traporto pubblico capitolino in una conferenza stampa affollata di giornalisti, puntando il dito contro la cattiva politica che da anni «ha abbandonato i trasporti romani».
Ieri la linea B della capitale è andata in tilt: treni fermi per ore e scene di panico tra i pendolari, assiepati sulle banchine. «Abbiamo segnalato ai diversi soggetti istituzionali le infiltrazioni copiose della stazione Cavour. Siamo vittime, non artefici di questa situazione», ha spiegato Broggi, ricordando il pesante credito che Atac vanta nei confronti della Regione Lazio: «Dobbiamo riscuotere 680 milioni di euro. Più volte la Regione ha confermato che la cifra è dovuta ma dice che a pagarla deve essere il Comune. Questo gioco a rimpiattino ci sta fortemente danneggiando».
L’ad di Atac ha risposto ai pesanti attacchi giunti dall’assessore alla Mobilità Stefano Esposito che in un’intervista radiofonica ha attaccato la dirigenza dell’Atac, definendola «inadeguata» e descritto Broggi come «uno che pensa soltanto a fare i propri interessi». Parole al veleno, cui Broggi ha risposto citando i numeri della sua gestione: «Sono stato chiamato per portare Atac fuori dal fallimento e questa operazione è stata realizzata tanto che già a maggio avevo comunicato al precedente assessore Improta la mia volontà di dimettermi. Siamo passati da una perdita, nei tre anni precedenti al 2013, pari a 655 milioni a un sostanziale pareggio di bilancio nel 2016. Ecco perché le dichiarazioni di Esposito sono destituite di fondamento». Regione, Comune, Atac: in questo rimpallo di responsabilità a pagare sono i pendolari, in eterna attesa di treni che funzionano a singhiozzo.
Valerio Dardanelli