È stato il proiettile di un fucile da caccia calibro 12, e non un petardo, come ipotizzato in un primo momento, a uccidere la notte di Capodanno il 13enne Roudin Seferovic. Questo è quanto emerge dalle indagini dei carabinieri del comando provinciale di Asti. L’esito dell’autopsia, disposta dalla procura, ha confermato la causa del decesso: è stata la profonda emorragia all’addome provocata dalla ferita da arma da fuoco. Secondo gli esperti, inoltre, il proiettile sarebbe stato sparato a distanza ravvicinata. Al momento, comunque, non risulta nessun indagato. Tra le ipotesi ancora al vaglio resta quella di una tragica fatalità durante i festeggiamenti.
L’incidente si era verificato qualche minuto prima della mezzanotte del 31 dicembre scorso, nel campo rom di via Guerra ad Asti. Il ragazzo, che viveva lì con la sua famiglia, stava giocando assieme ad altri bambini attorno ad un braciere acceso. Secondo alcune testimonianze, i bambini avevano iniziato a gettare diversi oggetti all’interno del braciere per riscaldarsi ed è questo il motivo per cui, inizialmente, si era pensato che Roudin avesse buttato un petardo tra le fiamme e che il fuoco lo avesse fatto deflagrare prima che lui potesse allontanarsi. Tesi, poi, abbandonata in quanto nessun altro bambino accanto a lui era rimasto ferito.
Dopo l’incidente Roudin era stato trasportato all’ospedale Cardinal Massaia di Asti dove è morto pochi minuti dopo. All’interno del campo sono dovuti intervenire agenti di polizia e della municipale per evitare problemi di ordine pubblico.
Immediate parole di cordoglio da parte del sindaco di Asti, Maurizio Rasero, che si è recato sul posto per esprimere solidarietà e vicinanza ai genitori: «Sono dispiaciuto per la tragedia e umanamente vicino alla famiglia».
Roudin, come annunciato dal presidente nazionale Aizo (Associazione Italiana Zingari Oggi), Carla Osella, sarà sepolto con rito musulmano al cimitero di Asti.