STRASBURGO – “Vedo più impunità e più autocensura”. È la denuncia di Julian Assange arrivato questa mattina, 1° ottobre, al Consiglio d’Europa, per testimoniare davanti alla commissione Affari giuridici e diritti umani dell’assemblea parlamentare. Si tratta del suo primo intervento pubblico dopo il rilascio grazie all’accordo con il governo americano e dopo quattordici anni di isolamento e detenzione. “È difficile non tracciare una linea tra il governo degli Stati Uniti – prosegue – che attraversa il Rubicone criminalizzando a livello internazionale il giornalismo e il freddo clima attuale per la libertà di espressione”.
Il motivo della sua testimonianza
La sua presenza è legata al rapporto della socialista islandese Thorhildur Sunna Aevarsdottir sulla sua detenzione e condanna che l’assemblea discuterà e voterà domani e l’effetto dissuasivo e di autocensura che ha su tutti i giornalisti, gli editori e altri soggetti che riferiscono su questioni essenziali per il funzionamento di una società democratica. Assange ha fatto notare che ora la giustizia gli è preclusa perché il governo degli Stati Uniti ha insistito per iscritto nel suo patteggiamento che non può presentare un caso alla Corte europea per i diritti dell’uomo o anche una richiesta di legge sulla libertà di informazione.
Un sistema giudiziario fallibile
È la prima volta che il fondatore di WikiLeaks prende la parola in pubblico da quando è stato liberato alla fine del giugno scorso dopo aver trascorso gli ultimi quattordici anni nell’ambasciata ecuadoriana a Londra e poi detenuto nel carcere britannico di alta sicurezza di Belmarsh. “Non sono libero oggi perché il sistema ha funzionato – ha precisato – sono libero oggi perché dopo anni di carcere mi sono dichiarato colpevole di giornalismo”.
Alla presenza di numerosi giornalisti in aula, ha risposto alle domande dei parlamentari. Parla di sistema giudiziario governato dalla classe dirigente, di libertà d’espressione e del potere del giornalismo. “La mia ingenuità è stata credere nella legge – haammesso -. Quando si arriva al dunque, le leggi sono solo pezzi di carta e possono essere reinterpretate per convenienza politica”. Riferisce che nel caso degli Stati Uniti, WikiLeaks ha fatto “arrabbiare uno dei poteri costituenti: l’intelligence, abbastanza potente da spingere per una reinterpretazione della Costituzione”. Spiega che la sua vicenda ha reso possibile che qualsiasi grande Stato possa perseguire i giornalisti in Europa.
L’importanza del giornalismo nel racconto della verità
Tuttavia, per Assange, “tutti i giornalisti devono essere degli attivisti per la verità”. Sull’eterna dicotomia tra giornalista e attivista dice che la linea di demarcazione tra i due è l’accuratezza e ha sottolineato di “restare uniti per far fronte alle minacce alla libertà di stampa”. È fondamentale, per lui, che i giornalisti non vengano perseguiti per aver svolto il loro lavoro. “ Il giornalismo non è un crimine – afferma – È un pilastro di una società libera e informata”.
Il fondatore di WikiLeaks ammonisce l’Europa sul non far diventare la libertà di parola un privilegio per pochi e la invita a mantenerla un diritto da garantire per tutti. Chiede a ognuno di fare la propria parte “per garantire che la luce della libertà non si affievolisca mai, che la ricerca della verità continui a vivere e che le voci di molti non vengano messe a tacere dagli interessi di pochi”.