WASHINGTON – Alla fine il giudice ha deciso. Enrique Tarrio, capo di Proud Boys – il gruppo estremista che il 6 gennaio 2021 si è reso responsabile dell’assalto a Capitol Hill – è stato condannato a 22 anni di carcere, la pena più pesante inflitta finora per il caso. Pur non avendo partecipato attivamente alla rivolta, Tarrio è stato definito dal giudice distrettuale Timothy Kelly “il leader assoluto dietro quell’attacco” sferrato contro “la democrazia americana stessa”. Come a dire: non è stato il braccio, ma la mente.
Classe 1984, originario di Miami, Tarrio aveva già preso parte a una manifestazione a favore di Trump, bruciando in quell’occasione uno striscione del movimento Black Lives Matter. Due giorni prima dell’incursione a Capitol Hill le forze dell’ordine lo avevano fermato a Washington. Il motivo? Portava con sé due caricatori di fucili ad alta velocità. Dopo due anni da quel 6 gennaio che vide la democrazia statunitense sotto l’attacco di chi non accettava la sconfitta del Tycoon, Tarrio si è detto pentito. “Non sono un fanatico. Fare danni o cambiare il risultato del voto non erano i miei obiettivi”, ha spiegato nel giorno della sua condanna, promettendo: “Quando torno a casa non voglio più avere niente a che fare con la politica, i gruppi, l’attivismo o le manifestazioni”.
“Dovrò vivere con questa vergogna per il resto della mia vita” ha detto ancora Tarrio, che ha ammesso di aver avuto “molte opportunità per evitare tutto questo”. Niente è valso a far cambiare idea al giudice Kelly, per il quale “la cospirazione sediziosa è un reato molto grave”. Tra gli indagati per Capitol Hill, comunque, c’è lo stesso Donald Trump. In un post sul suo social Truth, l’ex presidente ha accusato il procuratore Jack Smith di aver manomesso le prove “che distruggono il suo caso”. Smith, dal canto suo, ha avvertito Trump che le sue dichiarazioni “quotidiane” rischiano di influenzare la giuria.