«C’è un cane con guinzaglio sotto la selva che sovrasta le figure umane nella prima versione della ‘Vergine delle Rocce’ di Leonardo da Vinci». Lo dichiara Silvano Vinceti, presidente del Comitato Nazionale per la Valorizzazione dei Beni Storici, che sul significato dell’animale non ha dubbi: «Quel cane è l’atto di accusa di Leonardo Da Vinci contro la corruzione del Papato dell’epoca» ha dichiarato.
La chiave di lettura. Un significato nuovo, dunque, che avvalora le tesi di un Leonardo molto più religioso di quello che è passato alla storia. «Fino ad oggi i suoi dipinti sono stati affrontati solo dal punto di vista tecnico – spiega Vinceti – ma è sfuggito il fatto che Da Vinci nelle sue composizioni narri un racconto, esprima un pensiero che si fa immagine». In questo caso anche un’opinione politica. «Non poteva esporsi apertamente nei confronti del Papato, perché allora c’erano Innocenzo VIII, Alessandro VI, il Borgia e soprattutto c’era l’Inquisizione» aggiunge l’esperto. Secondo Vinceti il quadro sarebbe una richiesta di un ritorno a un Cristianesimo più legato ai comandamenti e ai valori del Vangelo.
Opinioni discordanti. Le parole di Vinceti hanno avuto ripercussioni nel mondo dell’arte. «Con tutto il rispetto, non mi pare che ci sia nessuna scoperta», il commento dello storico dell’arte Claudio Strinati, per il quale «anche nell’ipotesi che sia reale la presenza del cane, l’interpretazione data da Vinceti è presuntuosa e superficiale, un ragionamento pasticciato e poco coerente e oltre tutto sbagliato». Tra le voci critiche anche quella di Riccardo Magnani, esperto cultore del pittore fiorentino. Per lui il ritrovamento del cane non sarebbe una novità. «Esiste un altro cane più grande, che si vede a occhio nudo», chiarisce aggiungendo che il motivo è semplice: la tela usata era stata precedentemente usata per un progetto differente.