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Piano Ue per i richiedenti asilo. Il 60% diviso tra Germania, Francia e Spagna

di Maria Lucia Panucci08 Settembre 2015
08 Settembre 2015

image“È nostro dovere legale e morale proteggere chi fugge da guerra e morte” ha commentato l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione europea, Federica Mogherini. Detto, fatto. Domani il presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker, presenterà al Parlamento il nuovo piano per la redistribuzione dei richiedenti asilo. E saranno Germania, Francia e Spagna ad accoglierne la maggioranza. Secondo lo schema a Berlino saranno assegnati 31mila profughi, Parigi ne accoglierà 24mila mentre la penisola iberica 15mila. In totale godranno della protezione europea 160mila migranti e di questi circa 40mila arriveranno dall’Italia.
La volontà di Juncker è quella di rendere la ripartizione obbligatoria e i governi che non vorranno partecipare dovranno spiegare il perché a Bruxelles. Saranno esentati solo per “motivi gravi” e dietro pagamento di una sanzione calcolata in base al Pil nazionale. La Gran Bretagna finora respinge le quote obbligatorie. Il premier David Cameron ha infatti annunciato che il Regno Unito accoglierà nei prossimi cinque anni fino a 20mila rifugiati ma direttamente dai campi profughi e senza alcun vincolo al piano europeo.
Il dossier passerà poi lunedì al Consiglio straordinario dei ministri dell’Interno Ue e non si esclude che nei giorni successivi possa essere convocato un vertice straordinario dei leader europei per parlare della resistenza che stanno facendo i paesi dell’Est, in particolar modo l’Ungheria, decisa a chiudere le frontiere. Finora solo la Polonia ha infatti mostrato il suo volto più solidale, decidendo di accogliere più di 9mila migranti.
Intanto Italia e Grecia saranno pressate per attivare al più presto i nuovi centri di accoglienza e di identificazione pei richiedenti asilo, gli hotspot, per evitare che i profughi scappino e siano invece registrati. Ma non è tutto. La Commissione Ue ha anche preparato una lista europea di Paesi sicuri con cui intende abbattere i tempi per l’iter dell’asilo. Ne fanno parte Macedonia, Turchia e Montenegro, Kosovo, Serbia, Albania e Bosnia-Erzegovina. E domani verranno stanziati 1,7 miliardi in favore di Sahel, Corno d’Africa e lago Chad, per aiutarli nella lotta ai trafficanti.

I numeri. Certo la gente comune e i politici, primi fra tutti, saranno preoccupati per l’arrivo di migliaia di migranti nel proprio paese. Ma gli economisti non hanno alcun dubbio: i profughi risolveranno il problema delle pensioni. Secondo un rapporto dell’Ue, oggi in Europa ci sono quattro persone in età lavorativa, tra i 15-64 anni, per ogni pensionato mentre nel 2050 ce ne saranno solo due. Si calcola infatti che in Germania ci saranno quasi 24 milioni di pensionati contro poco più di 41 milioni di lavoratori. In Spagna 15 milioni di over 65 saranno a carico di soli 24,4 milioni di persone. E in Italia? 20 milioni aspetteranno ogni mese l’assegno dell’Inps, finanziato dai contributi di meno di 38 milioni di persone. Per risolvere il problema o si tagliano le pensioni o si aumentano i contributi in busta paga o si trova il modo di aumentare il numero dei potenziali lavoratori. L’agenzia Bloomberg calcola che l’Europa avrebbe bisogno di 42 milioni di nuovi europei entro il 2020 e di oltre 250 milioni in più nel 2060. Ma chi li fa tutti questi bambini? Ecco che allora la soluzione potrebbe essere proprio l’arrivo dei migranti. E se qualcuno è preoccupato per il proprio posto di lavoro, il problema è subito risolto dall’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo) secondo cui i migranti in realtà vanno quasi sempre a ricoprire gli incarichi che agli europei non interessano proprio. E su quei lavori gli immigrati pagano le tasse. Sempre secondo l’agenzia Bloomberg senza i loro soldi difficilmente il premier italiano Matteo Renzi avrebbe sanato il deficit di quasi 7 miliardi di euro procurato dalla legge di Stabilità.
A questo punto, dati alla mano, bisogna proprio dire che i migranti sono una risorsa più che un problema perché, lavorando e facendo figli, finanziano in buona parte l’Europa.

Maria Lucia Panucci

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